NBA: “gli dèi non cadono nella nebbia, la soffiano via”

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Kobe Bryant

È stata la chat di Backdoor a farmi apprendere la notizia. Conferme, smentite, link spariti e poi riapparsi in un tamtam di chi in realtà non voleva crederci. Sono stati minuti in cui, come spesso capita, si fa fatica a dividere la realtà dalla finzione e si vuol pensare che la realtà sia finzione per non doverla affrontare.

Ma quel “source tells ESPN” che abbiamo letto mille volte ratificando delle trade, questa volta ha sancito la fine. Era vero. Kobe Bryant se n’era andato in quel tragico incidente in elicottero. 
E le figlie? Purtroppo Gigi era con lui e a 13 anni se n’è andata anche lei tra le braccia del padre che la vedeva già come la nuova Mamba della famiglia.

In quel momento non ho voluto scrivere nulla sull’accaduto. Dire che un campione, un esempio e colui che influenzato milioni di vite non ci fosse più, sembrava voler cavalcare la notizia, quasi “approfittarne”. I giornalisti danno le notizie, è vero, anche quelle tragiche ed è un dovere più che una ricerca di numeri…dovrebbe. Ma non ho voluto farlo.

Dopo qualche ora ho provato a metabolizzare il tutto attraverso migliaia di messaggi, diversi stati d’animo di chi lo aveva avuto come idolo e di chi sportivamente lo aveva odiato, ma come nel momento in cui si è ritirato, tutti gli hanno tributato il giusto omaggio, perché di fronte alla grandezza non ci sono maglie, fedi sportive o partigianerie. Quasi ventiquattro ore dopo il sorpasso di LeBron nella classifica dei marcatori ogni epoca (e il numero non è casuale), che Kobe potesse lasciarci così non era nemmeno immaginabile. Eppure è successo. Forse ha ragione un messaggio che ho ricevuto e che dice:

Gli dèi non cadono nella nebbia, la soffiano via.

E Kobe per tanti motivi era una semidivinità che ci ha insegnato come si rende uno sport un’ossessione, un motivo di vita, una linfa inesauribile e soprattutto un desiderio irrefrenabile di vittoria.
Ci saranno reazioni di chi sente veramente come sua la mancanza di un idolo d’infanzia, chi si apposterà come uno sciacallo in attesa di ricevere consensi con sterili frasi di circostanza e chi vorrà rispettare un tragedia umana prima che sportiva con il silenzio.
Ne abbiamo parlato giusto sabato riguardo alla questione di Delonte West, dove la cosa più difficile da fare è provare a non cadere nel becero, a rispettare gli individui e onorarli come uomini. Kobe Bryant è stato un esempio di professionismo che chiunque dovrebbe prendere e fare proprio: non c’entra il basket o lo sport, è la vita. Quando se ne va una persona che  ha toccato i tuoi sentimenti più profondi e le tue passioni più veraci non puoi che esserne sconvolto e infinitamente triste.
Qualcuno diceva che il tempo sistema le cose, ma alcune non si possono sistemare. Anche noi, forse tra un pochino, riusciremo a comprendere davvero la fortuna che abbiamo avuto nel farci toccare le vite e le corde dei sentimenti da Kobe Bryant. Ma ci vorrà un pò, anche per noi che proveremo a rendergli omaggio nel miglior modo che potremo.

Con l’infinito rispetto che meriti: riposa in pace Kobe.

 

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