Negli ultimi mesi, c’è una “vecchia” celebrità del mondo del basket tornato ad esporsi sui social e nelle interviste come non accadeva da tempo. Trattasi di Andrea Bargnani, il primo giocatore europeo della storia scelto come prima chiamata in un draft NBA. La sua storia la conosciamo tutti molto bene, così come il suo ritiro prematuro dal mondo della pallacanestro. Dopo aver smesso di giocare, Bargnani ha vissuto un periodo di assenza totale da sotto i riflettori, scomparendo per diverso tempo da internet. Ora invece l’ex Treviso è ricomparso ed è molto più attivo sui social, concedendosi anche a molte interviste (basti vedere quella di Afternoon).
L’ultima, molto interessante, Bargnani l’ha concessa al podcast BSMT di Gianluca Gazzoli. Una intervista lunga e di cui non riportiamo ogni singolo passaggio, ma le dichiarazioni più significative. Vi rimandiamo al video su Youtube per vederla tutta, lasciandovi in questo pezzo le parole sui fallimenti della “sua” Nazionale, il rapporto con Gianmarco Pozzecco e le critiche all’attuale mondo del basket italiano ed europeo.
Sulla “sua” Nazionale:
In Nazionale eravamo fortissimi ma non abbiamo raggiunto risultati. Secondo me eravamo poco uomini, poco maturi, eravamo concentrati molto sui nostro orticelli e parlavamo poco. Non eravamo abbastanza squadra. L’allenatore in Nazionale ha un peso, ma meno rispetto a una squadra di club. Su questa cosa un ct non può fare molto, eravamo noi che dovevamo parlare di più, uscire di più e stare insieme.
Sulla Nazionale attuale e Gianmarco Pozzecco:
Questa Nazionale è il contrario. Molti giocatori non sono stelle e prime donne, anche Melli ad esempio: lui è una stella perché non è una prima donna. Poz non avrei mai pensato che sarebbe diventato ct della Nazionale. Da un punto di vista tecnico magari non ha l’esperienza di altri, ma è lo Steve Nash del basket italiano e questo ha un peso. Ha un atteggiamento che si sposa benissimo con la Nazionale, in un periodo in cui i giocatori sono lontani dalle famiglie e non pagati. A me il Poz non piace solo quando fa le sue sfuriate.
Sulla differenza tra basket europeo e americano:
Ho fatto tanta fatica, dopo il primo anno NBA, a tornare in Europa con la Nazionale, è proprio un gioco diverso. Anche per i 3 secondi difensivi, per uno rapido come me e che arriva in area palleggiando, se c’è uno lì in mezzo non riesco a fare niente di quello che faccio in NBA. Poi in Europa il gioco è molto più fisico, perché fischiano di meno. Si è visto al mondiale, la Germania è più scarsa degli USA, ma un giocatore NBA alla prima esperienza in competizioni come queste fa fatica.
Sul suo ritiro prematuro:
Gli infortuni sono stati un fattore, negli ultimi 5 anni ho avuto più partite saltate che giocate. Però fa parte della vita di uno sportivo, mi sarebbe potuto succedere anche prima. Mi è passato l’amore per il basket? No, mi piace ancora molto. Ma negli anni tante situazioni mi hanno fatto stare male. Anche a livello di sacrifici e schedule non ero più disposto. I miei mi hanno sempre lasciato carta bianca su questo. A farmi smettere è stato un mix di cose, ma se non avessi avuto così tanti infortuni probabilmente avrei continuato oltre i 31 anni.
Sul movimento cestistico in Italia ed Europa:
Il movimento in Italia e Europa sta facendo poche cose per emulare America, un modello che funziona perfettamente a livello di media e intrattenimento. I contenuti NBA sono molto più attrattivi. Inoltre anche a livello di infrastrutture non si fa niente per investire, i palazzi sono gli stessi in cui giocavo io. Prima o poi tutti questi nodi verranno al pettine.