Eccoci al secondo episodio della nostra rubrica Basket Sofa. Sarebbero tanti i temi da trattare, dalla crisi più nera degli Spurs dai tempi prima delle Twin Towers, alle perizie di un novello “Tom Sawyer” che risponde al nome di Derrick Rose. Intanto Russell Westbrook supera Kidd per triple doppie contro i “suoi” Nets e regala scarpe ai suoi fan, mentre George, prima volta in carriera, segna una tripla decisiva in un finale tirato (era 0/10!!!). Lo spazio è breve e c’era tanta carne al fuoco, non perdiamo altro tempo e come sempre enjoy your read!
GIANNIS ANTETOKOUMPO: THE GREEK (BULLY) FREAK
Nella settimana del suo 24esimo compleanno, Giannis Antetokoumpo stella di Milwaukee, non si è fatto mancare proprio nulla, in un periodo della sua vita che è sicuramente molto lontano da quando, nei sobborghi di Atene, la sua famiglia faceva fatica ad arrivare a fine giornata. Se lo status di superstar sembra non bastare, la verità è che ultimamente c’è tanta tensione nell’aria in casa Bucks, con una squadra che vince, si conferma ad Est ad alti livelli, ma scivola con la classica buccia di banana contro i modestissimi Knicks (che meriterebbero una puntata solitaria a loro dedicata così come i Timberwolves). Tra le cose che però si ricordano della sfida del Madison, spicca la violenza della schiacciata di Mario Hezonja in faccia al giocatore greco, con tanto di “passaggio sopra” alla Iverson dopo il poster. Giannis non la prende bene e fa a spallate con l’intero front court di New York, anche in modo fanciullesco. La sua settimana è caratterizzata poi anche dal modo in cui domina Blake Griffin nel match vinto contro Detroit: non si limita solo a mostrare il suo talento, ma a bullizzare l’avversario. Che sia l’ingresso, definitivo, di “The Greek Freak” nella dark side?
CARMELO ANTHONY: WHERE ARE YOU???
Dopo l’allontanamento dai Rockets, che sembrano tuttavia averne tratto beneficio, Carmelo Anthony sembra essere rimasto in un limbo tra quei giocatori “che sono sospesi”. Tra le voci di un imminente ritiro, le fake news di un possibile approdo in Europa (all’Olimpia Milano) e le speculazioni sulle presunte squadre che potrebbero beneficiare dei suoi servigi, sono due voci a ergersi dal coro. Il “Fake GM” dei Los Angeles Lakers, LeBron James, che magari potrebbe avere più problemi rispetto al passato, dovendo interfacciarsi con Magic Johnson, ed il coach dei San Antonio Spurs, Gregg Popovich, che già nella precedente puntata di questa rubrica aveva dato spettacolo. King James, senza troppi giri di parole, ha ammesso che i Lakers potrebbero beneficiare dall’inserimento dell’amico “Melo”, e che nella L.A. patinata ci starebbe alla grande. Interessante sarebbe poi un quintetto con Lonzo, Melo, Stephenson, Beaseley e il prescelto: chiamate la Spalding, si rischia il fallimento. Languide e avvolgenti sono state le dichiarazioni di coach Popovich, che ha decantato il gioco classico e armonioso di Anthony, sottolineando come sia solo nato qualche anno dopo quando sarebbe stato dominante. Se a San Antonio se ne intendono di ultratrentenni e di giocatori da riciclare questo è certo, se le parole sono destinate a creare un abboccamento, beh, staremo a vedere.
PAXSON SILURA HOIBERG
Può il famoso scoglio arginare il mare? Può il battito di ali di una farfalla cinese generare un tornado in Messico? Nel mentre le domande retoriche si rincorrono, interessante mossa del front office dei Bulls, con Paxson – quello che metteva le triple importanti nei primi anni di Jordan – che silura senza neanche troppi fronzoli coach Fred Hoiberg, che paga un brutto avvio di stagione. Decisione “sublime” da parte della dirigenza, che prima aveva consegnato al coach una squadra con poco talento disponibile visto che Markkanen è rientrato da due giorni ed il resto del quintetto è fuori a lungo termine. Chicago è inoltre una delle squadre più infarcite di giovani e ha perso molte gare sul filo di lana. Hoiberg era sicuro del suo posto, aveva fatto colazione, arrivato al campo di allenamento alle 11 e iniziato a preparare finanche la sessione con i suoi giocatori, quando la notizia è arrivata. Brutto gesto. In settimana erano iniziati i primi video per immaginare Zion con la maglia rossa dei Bulls, anzichè quella Blue di Duke. Licenziare un allenatore non è certo la mossa giusta se il tuo obiettivo è tankare.
NOAH: IL RITORNO DEL TORNADO
Solo il buon “Sexy Jerome James” era costato di più ai Knicks nel rapporto tra gare giocate e stipendio, che comunque di situazioni simili ne hanno avute in sequenza. Non giocava da due anni, forse più, perchè tra infortuni, crisi mistiche, preghiere nelle foreste e lotte per la pace nel mondo, Joakim Noah, figlio del grande Yannick, era un po’ sparito dai radar. Quando New York era riuscita a scaricare il suo contratto, quasi stesse facendo la dichiarazione dei redditi, si pensava fosse giunto il capolinea, invece ecco arrivare la chiamata dei Memphis Grizzlies, sorpresa di questo inizio di stagione. La personalità non gli manca, il carisma altrettanto, magari la forma non è impeccabile, ma se vi deve garantire qualcosa in uscita dalla panchina,potrebbe anche essere utile. Se poi si pensa che i Grizzlies regalano minuti (e tiri) anche all’ex Milano, neanche troppo rimpianto, Marshon Brooks, allora sì, Memphis è il posto giusto. In circolazione ci sarebbe ancora Kendrick Perkins che vorrebbe chiudere la carriera con i Cleveland Cavaliers, peccato che LeBron non sia più lì…
ANGOLO MEDICO: LE “TOXIC” NEWS
Senza voler fare il giuramento di Ippocrate, la NBA ci porta a conoscere anche delle patologie per cui bisogna necessariamente avere camice e guanti di lattice. Due casi reali ed uno ancora in incubazione (seppur fittizia) aleggiano su Warriors e Philadelphia, che un tempo erano la stessa cosa. Tutti i mali di Markelle Fultz sono dovuti a un problema di Sindrome dello Stretto toracico superiore, in pratica un problema di circolazione con arterie e vene, ma anche di conseguenza nervi e tendini, che sono troppo vicine fra loro e quindi nell’atto del movimento – in questo caso nello spazio tra la prima costola e la clavicola – creano dolore. Sembra che il ragazzo ne soffrisse già da tempo, però viene solo ora fuori la notizia. Augurandogli una pronta guarigione, resta da chiedersi se questo non è solo lo specchietto per le allodole di una squadra che sembra solo sull’orlo di un’implosione.
In casa Warriors due notizie: la prima del passato e l’altra, tossica, del futuro. Il caso di meningite contagiosa che aveva colpito uno degli addetti al cibo, sembra essere stata una seria preoccupazione per tutti i giocatori che poi avrebbero vinto l’anello. Tra allenamenti spostati direttamente alla Oracle Arena, serie di cure a cui tutti si sono sottoposti, ansie e timori, si è dimostrato ancora una volta la forza di uno spogliatoio nel tenere tutto il mondo in quarantena. Tra l’altro non è una novità che dietro anche lo stop di Cousins ci sia anche un caso di meningite
non contagiosa. Se lo paragoniamo a quello che è successo poche settimane fa, è lecito pensare che gli scricchiolii di qualche sconfitta e qualche parolina di troppo, non siano solo sintomi isolati, ma un germe che ha messo radici.
Klay Thompson e Kevin Durant non sono parchi di parole. La guardia ha definito “losers” i Cavs, che dovrebbero pensare alla striscia di finali perse, ancorchè alle partecipazioni. KD si è espresso in maniera esaustiva sul “supporting cast” di LeBron, a qualsiasi latitudine. “È tossico” nelle parole di Durant, stare al fianco del “re” dove si perde di identità individuale, perchè bisogna adattarsi ai ritmi imposti e si viene criticati di più dai media se non si rende a dovere. Magari andrà via a fine stagione dalla Baia, ma non di certo lo vedremo in gialloviola… Eppure a suo tempo – OKC – diceva altrettanto sulle squadre dei big four…