Ci eravamo lasciati la scorsa settimana con il subbuglio di coach Hoiberg lasciato libero da Chicago e nel riaprire la terza puntata di Basket Sofa, non possiamo non ricominciare dall’ammutinamento del Bounty Bulls – per il quale vi rimando al podcast targato DNPCD – una squadra più soffice del cioccolatino al cocco. Dopo la più pesante sconfitta della storia, in settimana viene annunciato che Jabari Parker sarà messo fuori dalle rotazioni. Se si cercava la via della via del tanking, tanto valeva non alzare quel polverone…. Si pensi che questo è solo l’antipastino, perchè il trash abbonda e noi ne siamo ghiotti.
PHOENIX: DOVE IL SOLE BRILLA ANCORA (O NO???)
A difesa di una squadra che è sul fondo della classifica da anni, non è certo sceso Deandre Ayton, che tra alti e qualche basso continua il suo percorso di crescita nella lega, con la squadra che sembra non girare. Se le voci della possibile partenza di Trevor Ariza si fanno più insistenti e il ritorno in rotazione di Jamal Crawford non sembra aver portato benefici, è assurdo il contesto dell’Arizona. Il presidentissimo Robert Sarver, proprio nella settimana in cui i Suns giocano a Città del Messico, fa un autogol degno della politica protezionistica di Trump, millantando un trasferimento della franchigia a Las Vegas e/o Seattle. Siccome di polverone nelle lande del sud se ne intendono, ha fatto a ritrattare dicendo addirittura di voler allargare l’arena di Phoenix. Anche qui respinto con perdite o comunque non creduto, visto che in un’assemblea locale un’anziana signora, tale Greta Rogers, ha messo alla berlina Sarver, contestandogli annate fallimentari in cui non si avevano a roster 2-3 giocatori che la signora definisce “decenti”. Con tanti saluti a Devin Booker e ai suoi record.
KAWHI LEONARD: IL GRINCH
Sarà anche precauzionalmente out per infortunio, ma resta il leader della miglior squadra NBA, i Toronto Raptors, che si prendono lo scalpo nella Baia dei Golden State Warriors che già – come avevamo sottolineato – sembrano perdere di mordente. Eppure nonostante tutto, Kawhi Leonard non riesce a regalare un’emozione ai suoi fan neanche quando veste di rosso e siamo sotto le feste. Chiamato in un promo natalizio dei Raptors, anche solo nell’augurare un felice periodo di festa ai tifosi sembrava imbarazzato e una statua di sale. Neanche il cappellino da Santa Claus lo ha aiutato a dire la verità. Eppure, sembrava che fosse quello il punto massimo, ma di fronte ai giornalisti, in presa diretta, si è riuscito a superare. Alla domanda su quale fosse il suo ricordo, o un evento particolare, legato alle festività, ha palesemente risposto:
Non ne ricordo nessuno in particolare.
Neanche Jim Carrey, tutto vestito di verde con ore di trucco e parrucco nei panni del Grinch aveva saputo fare di meglio. Eppure, il grinch odiava solo le persone esagitate a Natale, il suo atteggiamento sembra odiare il genere umano in qualsiasi periodo dell’anno.
TIFOSI STRANII, SCAMBI, REGALI E… CI PENSA CHUCK
Negli ultimi tempi si sta vivendo una NBA molto diversa da quella a cui eravamo abituati. Si sono registrati tanti episodi di ordinaria follia che lasciano, gli appassionati, un tantino sconcertati. Se tutta Italia ha esultato – ed iniziato a spendere i propri patrimoni – per l’apertura dell’NBA Store di Milano, in cui si possono acquistare le canotte ufficiali, la tradizione degli ultimi giorni sembra quella del “regalo” a fine gara degno dello spettacolo calcistico. Le ricevono rapper (Drake), attori e divi, gente che ha già tanto, una scena un po’ pacchiana per chi può permettersi lo show dal bordo campo con gli spiccioli della merenda. Bello invece lo scambio tra Wade e LeBron in quello che è stato l’ultimo confronto, così come Russell Westbrook che a fine gara nota un suo piccolo tifoso in trasferta che non ha smesso di urlare il suo nome. RW lo cerca col dito e lo fa scendere, scarpe e canotta per lui, un sogno che si realizza.
I tifosi, questi nuovi individui che tormentano i giocatori, o forse sono tormentati. Wade in una gara a Miami finisce alla fila 13 per recuperare un pallone, travolge due signore e si schianta su un corpulento uomo con camicia a quadri, sorrisi e un autografo che valgono il prezzo della gara. A Brooklyn invece Tristan Thompson ha qualcosa da dire a un signore della terza fila, che continua ad apostrofarlo. Dito medio e tutti a casa. Non va meglio all’idolo di casa Dinwidiee, che nella stessa partita fa cadere la birra ad un giocatore di baseball in prima fila, con tanto di lamentele da parte di quest’ultimo. Solo Lapo Elkann aveva fatto peggio, o forse no…
New York, partita dei derelitti Knicks, un uomo è in terza fila dietro la panchina, uno degli assistenti è in piedi e ostruisce la visuale, da qui al classico tocco sulla schiena per dire “siediti” ed il bodyguard che riprende lo sciagurato tifoso sogghignando.
Non lasciamo nemmeno Kevin Durant, che per tutta la gara a Milwaukee viene bistrattato dalla locale gente, che lo accusa di essere un mercenario, a voler essere gentili. Ecco, lui li zittisce non tanto con la prestazione sul campo, quanto con le parole, rispondendoli per le rime come solo Reggie Miller e Spike Lee avevano saputo fare. Urge un intervento di uno che non le manda a dire e, dall’alto della sua (finta) bontà biblica, ecco la massima di Charles Barkley:
Non dovete perdere tempo ad ascoltare questa gente. Non dovete rispondere nè dargli pertanto ragione. Ignorateli e zittiteli con quello che sapete fare sul campo.
Detto da uno che in “Space Jam” giurava che non avrebbe più detto parolacce e avrebbe chiuso con i falli tecnici pur di riavere il suo talento, è tanta roba. Ah, per inciso, il tweet di Marc Gasol che dice che i Monstars gli hanno rubato la mano al tiro, fa di lui ad oggi un serio candidato per il film, speriamo almeno per i Grizzlies, che lui fosse il Larry Johnson o il Pat Ewing di turno, non certo Shawn Bradley.
DIRTY PLAYS, FALLI TECNICI E…
Non si può continuare a giocare in una lega dove ci sono dei giocatori davvero scorretti, che fanno di tutto per far male all’avversario. Guardate e riguardate più volte il video e noterete come maldestramente il plurirecidivo Draymond Green, si aggrappi al braccio del povero Valanciunas. Polso dislocato per il lituano, un mese di stop e la certezza che Golden State ha più di un problema di sconfitte. Non si smentisce nemmeno Zaza Pachulia, che contro Philadelphia prima e contro Charlotte poi ha delicatamente poggiato il piede sotto quelli del tiratore dalla lunga in fase di rilascio. Certa gente dovrebbe davvero essere cacciata dalla lega.
Al resto ci pensano gli arbitri, che in questa fase della stagione possono diventare protagonisti. Non ci sono più istrioni dei tempi di Sheed Wallace, ma ci pensa coach Carlisle di Dallas a rinnovare una tradizione fatta di espulsioni: visto come Doncic viene maltrattato, visto che persino DeAndre Jordan viene maltrattato, eccolo partire in uno scatto degno di Husain Bolt per fermare l’uomo in grigio, con un placcaggio degno dei Cowboys. “Fuori” gli urla l’uomo col fischietto, e l’unico che lo va a consolare è Doncic, ormai a cui danno anche le chiavi del pullman per il dopogara. Nella stessa rete di proteste e frustrazione ci cade anche Rudy Gobert, che inizia sempre più a perdere il suo stile anglosassone, a riprendere quello tipico dei francesi: bene ma non benissimo.
Monk è un giocatore degli Hornets a cui MJ sembra essere molto legato, anche forse perchè a breve Kemba Walker potrebbe andare via e lui per caratteristiche, ma ancor più per atteggiamento spavaldo, sembra ricordarlo. Ora guarda le gare dalla panchina, ma si fa sentire, non nel modo corretto. Lamb piazza un’avemaria nel finale contro Detroit, Monk guida la panchina in campo per festeggiare e si becca il tecnico. Jordan, che è proprietario e padre padrone non ce la fa a trattenersi e mentre il ragazzo esce dal campo, lo prende a quattrocchi, gli parla con quegli occhi spiritati delle gare importanti e gli da un buffetto. Chissà se Monk avrà imparato la lezione.