NBA, Basket Sofa: La scelta di Paul George tra mamma e comunità

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Clippers

Si tende a guardare alle superstar NBA come a degli dei antichi che vivono ai giorni nostri, incarnazioni di esseri superiori che possono fare tutto e a cui tutto è consentito. Da una giacca da un colore eccentrico a qualche vizio nel lusso, finanche nella lussuria, niente che sia illegale – si badi – ma di certo qualcosa che fuori dagli schemi. Se iniziamo una storia e vi diciamo Los Angeles, che tra l’altro è la città di esseri extraterrestri per eccellenza, il ciclo potrebbe ben dirsi chiuso, ma poi, come nella celluloide più classica, entrano in scena un eroe senza macchia, un aiutante decisivo e (nel nostro caso) una squadra bistrattata e perdente come i Clippers. Questa storia, che Basket Sofa propone, è decisamente vera e pone il riflettore su Paul George, il più forte giocatore NBA che non rispetta – decisamente – i canoni delle altre starlets

Leonard

CENA CON… TELEFONATA

Detto che George è sempre stato un ragazzo di sani principi e di pallacanestro, e che è nato a Palmdale, non molto lontano dai sobborghi losangeleni, dopo le esperienze di Indiana e OKC, dopo aver rinnovato con la franchigia dei Thunder, il ragazzo era tornato a casa, un po’ per stare con i propri cari, un po’ per rivedere gli amici di vecchia data. Una sera d’estate, in piena free agency, quando il telefono continuava a vibrare per questa o quella firma, ad un tratto arriva una telefonata, sul display c’è scritto “Kawhi” e chi risponda dietro questo nome è inequivocabile. Paul abbandona la nizzarda che aveva nel piatto -buon diversivo californiano rispetto alle steak house dell’Oklahoma – e trova un posto appartato per rispondere. Non sappiamo il reale contenuto della conversazione, ma il succo è: “Ho firmato con i Clippers, se ci sarai anche tu, vinceremo l’anello“. Qualche saluto e si ritorna al tavolo, col piatto che viene rispedito al cameriere ancora pieno e la ricerca sul cellulare di un volo per Oklahoma City, di un modo di accontentare quell’amico, quel compagno californiano e – se si può dire finalmente – di tornare a casa definitivamente.

COMING BACK…

Tornare in California. Paul George non deve averci pensato molto come idea, come avrebbe potuto, magari non sarebbe stato facile convincere Sam Presti che gli ha appena fatto firmare un pluriennale importante, ma stavolta non si parla di un semplice interesse, se i Clippers stanno rifondando e cercano il complemento per Leonard, di sicuro potrebbero essere interessati a Paul George e hanno materiale da scambiare. Non solo provare a vincere, però. PG nella sua vita ha affrontato parecchie disavventure, ma ha avuto al suo fianco una persona che l’ha ispirato ogni giorno, ossia sua madre, che rimasta paralizzata e muta a seguito di un ictus, anche nei momenti più difficili della sua vita ha sempre trovato il tempo e la forza di andare a vedere le partite di quel ragazzo che lo faceva sorridere. E finchè Paul si è diviso tra Palmdale, la California e Fresno, il numero di partite perse da sua madre è zero, col posto per la carrozzina a bordocampo ben individuato e uno sguardo d’intesa a fine gara o in qualche momento importante. C’era a Las Vegas quando la sua gamba si è sbriciolata, era vicino al suo letto a stringergli la mano e con i gesti a dargli forza e coraggio, sapeva che sarebbe tornato. Certo che però arrivare a Indiana o a Oklahoma City è dura per le sue condizioni, se non impossibile. Presti alla richiesta è scettico, ma Paul George non è un giocatore da ripicche, ha detto le cose come stanno, si lascia convincere e prova la trade.

IL DERBY…

Quando la notizia si diffonde è una corsa verso di lui, ma la certezza è che solo i Clippers, se troveranno l’asset giusto, possono pensare di avere una chances. Vorrebbero intromettersi i Lakers, con cui però c’è astio, perchè nell’anno da free agent di PG lo hanno un po’ snobbato, per cui non sarà un gialloviola nonostante la fede che aveva da piccolo e quello che i Lakers hanno fatto con Kobe, che potrebbe essere rivestito alla perfezione da George. Qualche altra chiamata da Kawhi arriva, ma intanto Paul è di nuovo a Palmdale, dai suoi amici, dalla sua famiglia, guarda il suo vecchio quartiere e pensa che se riuscirà a tornare, dovrà fare di più per tute quelle persone che hanno accompagnato la crescita. Gilgeous Alexander e Gallinari valgono l’affare, Paul e Kawhi arrivano alla corte di un felicissimo Doc Rivers, che in conferenza stampa, ai giornalisti che parlano di spirito di appartenenza losangelino, risponde con un:

Sono di Chicago ed è una bellissima città. Anche Los Angeles però, in questo periodo, non è affatto male.

Arrivano le partite insieme, i Clippers divengono una seria contender, c’è il derby di Natale e la vittoria arriva, proprio alla fine, con una giocata importante della premiata ditta. Si va verso gli spogliatoi, ma PG devia improvvisamente, sale qualche scalino dello Staples e si avvicina a sua madre, che lì, in carrozzina e con gli occhi lucidi, è lì ad aspettarlo. Un abbraccio infinito, ed uno sguardo anche a Kawhi, all’imbocco del tunnel, che lo guarda da lontano. Qualche giorno dopo George è reduce da una brutta partita, dove ha giocato con febbre alta e ha ricevuto qualche giorno di stop dallo staff medico, ma si rifiuta di dire sì ai medici. C’è un evento benefico nel suo vecchio quartiere con tutti quelli che gli vogliono bene, lui non può mancare, anche perchè si è impegnato attivamente nella costruzione di una struttura per giovani ragazzi e ragazze che meritano una possibilità concreta per realizzarsi, sul campo e nella vita. E non mancherà, perchè si può essere dèi e potenti, si può essere eccentrici o si può essere vincenti, ma essere brave persone è cosa rara, e questo aspetto va sottolineato.

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