Estate, ombrellone e infradito, col tempo che si è chetato, le serie che non regalano più emozioni e un libro buttato sul lettino più per fare scena, che non per essere letto davvero. Anche il mondo del basket sembra aver abbandonato la ridondanza dei radar, con le nazionali che sembrano aver monopolizzato l’attenzione – Team Usa su tutti – e alcuni “casi” che emergono preponderanti qua e là che sembrano essere montati più per far notizia – vedi la migrazione verso il campionato cinese e italiano o i soliti problemi legati alle droghe leggere di questo o quel giocatore, Beasley uber alles – che non per dare un’informazione vera e che si riferisca al campo. In tutto questo, Basket Sofa non va in vacanza e prova a raccogliere i granelli di sabbia sparsi qua e là nella settimana, facendosi avvinghiare, come sempre, dal filo del keep lovin’ basketball…
INGRESSO CASINÓ PER BEN SIMMONS: FORSE…
È da poco diventato il giocatore australiano più pagato della storia, anche se a dire il vero le cifre del cricket e del rugby in Australia non sono molto conosciute, è stato designato come il leader dei Philadelphia 76ers, ha in pratica buttato fuori tutto il marcio che girava intorno agli “one and done” del college, nonchè ha stupito tutti nella lega, dimostrando nel bene che sa e può giocare 5 posizioni sul parquet e nel male perchè per essere fondamentalmente un esterno, il fatto che non provi minimamente a pensare che il tiro da tre esista è un limite. In due parole, Ben Simmons. Basterà tutto questo per la fama? Ok che in Australia di basket ne masticano poco – anche se il loro campionato è sempre fucina di talenti giovani che poi tornano in madrepatria o sbarcano in Europa per accendersi – e che senza i Mormont Yankees non esisterebbe la cultura del parquet, però Simmons è giovane ed è riconoscibile. Eppure, l’inghippo è arrivato, ha avuto una risonanza pazzesca e, nonostante su instagram la storia sia stata cancellata, ha fatto il giro del mondo in pochi secondi.
Mentre era al casinò di Melbourne, anzi, a dirla tutta, mentra stava cercando di entrare, ecco che una guardia della security all’ingresso glielo nega, anche con mezzi abbastanza severi, con fare non troppo amichevole e buttandoci giù qualche parolina di troppo. La chiave razzista è dietro l’angolo e per un paese fuori dai confini occidentali che di problemi etnici, con gli aborigeni, ne ha avuti fin troppi, la discriminazione di un personaggio simbolo del meltin’ pot aussie, è sicuramente un fatto che deve far riflettere. Ora, le teorie cospiratrici hanno cercato di sminuire la cosa, perchè magari la guardia non conosceva il ragazzo, perchè i suoi modi sono stati eccessivi, perchè Simmons ha quella canonica faccia da bambino che non dimostra troppi anni, ma la verità è che il problema razzista resta – anche nel basket attuale – una delle più grandi barriere che devono essere abbattute. Non è molto remota la querelle di Adidas Italia che – all’atto di vari post della nuova collezione con James Harden protagonista – ha ricevuto una sfilza di commenti xenofobi e razzisti della peggior specie, senza che in molti lo abbiano riconosciuto… Quale futuro?
IMMORTALE – VINCE CARTER CONTINUA…
A 42 anni, da quando volava con la maglia di Toronto e in coppia con Tracy McGrady, potrebbe sicuramente smettere, non ci sarebbe nulla di male, staremmo qui a fare sfilze di highlists, a piangere un altro grande del passato che ha segnato un’era, che ha lanciato uno stile. Invece no. Lui continua, immortale, con quelle gambe che sanno essere esplosive, fosse anche solo per qualche secondo in una partita, e la sua esperienza al servizio della causa. Giocare tosto in difesa, mettere una tripla, fare gruppo e dare il cuore per il parquet, come se fosse la prima partita di un rookie. Atlanta decide di dare un’altra possibilità, un’altra ancora, a Vincredible, non per un ultimo tango alla Wade, ma per portare ancora la sua passione per il gioco per tutte le arene.
Se è vero che alcuni giocatori segnano il passo, che sono storici, Vince Carter ha da sempre rappresentato, fin dalla sua prima apparizione sul parquet, l’aspirazione dell’uomo a saper volare, con una struttura fisica importante ma non impossibile, con movimenti di potenza e grazia, che racchiudevano l’eleganza del basket anni 80 e ci introducevano – con un flash forward non indifferente – al basket di oggi, quello degli alieni. Ed il contesto è ancor più significativo. Gli Hawks hanno 5 dei rookie più interessanti della lega, che possono imparare tanto da Carter, sia in termini di come si sta sul campo, sia di come si rimane nella lega, coniugando talento individuale ad umiltà e dedizione. Grazie Vince!
POPOVICH – DUNCAN: STRANI AMORI
Tim Duncan che viene inserito nello staff degli assistenti allenatori di Greg Popovich a San Antonio non è una notizia che deve sorprendere. Già dall’anno del suo ritiro, il lungo caraibico, icona della squadra texana per eccellenza, era entrato a piedi netti nelle facilities di casa Spurs, occupandosi di training mentale ai giovani, di crescere col talento ma soprattutto di mostrargli l’etica del lavoro in tutte le sue sfaccettature. Per quanto non ricordo grandissimi discorsi da parte del #21, il suo lavoro deve essere stato apprezzato, ma sinceramente vederlo in veste di allenatore, stona un po’ con quella che è stata la carriera, non perchè non lo meriti, ma perchè per come si è mostrato al mondo, un allenatore silenzioso e che non lascia trasparire emozioni non è certo il generale di mille battaglie. Eppure Pop ha tirato la corda e non poco, screditandolo pubblicamente un po’ per scherno e un po’ con la sardonica verità. Ovvia la risposta silenziosa di Duncan, che intanto sta facendo davvero il secondo preparando il training camp di qualche settimana.
Le parole di Pop, per quanto poco semplici da comprendere ma sempre figlie della grande stima e del legame speciale che c’è fra i due, sono comunque figlie di un malessere che si annida furtivo tra i gangli di Team Usa, dove le superstar hanno disertato, dove i backup delle superstar stanno disertando in massa e quasi si riapre l’idea che forse prendere ragazzi di college in cerca di affermazione non è più così utopia. Pop ha davvero problemi a lavorare con un gruppo che non gli regala continuità e non è un caso che Derrick White, che ha dimostrato grandi numeri e mezzi in questi primi giorni, si stia ritagliando una fetta importante della squadra statunitense: doppio fine per far capire a quello che sarà il suo coach anche alla fine del mondiale che tutte le voci su una possibile trade (dovuta a incompatibilità con Murray) devono essere allontanate, oppure grande ricerca di opportunità in altri lidi?