Clippers: il miracolo di Doc Rivers nel sorprendere l’NBA

270

Se durante la prima decade di agosto qualcuno avesse profetizzato ai Los Angeles Clippers un record finale di 48 vittorie e 34 sconfitte valide per l’ottavo posto nella Western Conference, quasi certamente questo “qualcuno” sarebbe stato additato come “audace”, per evitare di sconfinare in aggettivi poco nobili.
Le quote dei bookmakers di Las Vegas, infatti, piazzavano la squadra allenata da Doc Rivers intorno alle 33 vittorie, seguiti a ruota da ESPN e da Charles Barkley; insomma ben al di sotto della quota playoff e di come in realtà sia andata poi la stagione.

DOC RIVERS E LA SALUTE DEL GALLO

Le 82 partite di stagione più ulteriori 6 gare contro i bicampioni in carica sono la certificazione della bontà e della qualità del lavoro fatto in primis da Doc Rivers e Lawrence Frank, dal 2017 al comando delle “Basketball Operations” dopo l’infelice esperienza dello stesso Rivers che, successivamente, si è dichiarato “sollevato” e “più felice” di potersi dedicare solo e interamente allo sviluppo dei propri giocatori e della propria squadra.

Il grande merito dell’ex coach dei Celtics è stato quello di riuscire a valorizzare un roster che, ai blocchi di partenza, presentava molto meno talento delle dirette concorrenti, e che di talento ne ha perso ulteriormente dopo la trade Harris-Shamet (più altri giocatori secondari tra cui Marjianovic) che sembrava chiudere una volta per tutte le aspirazioni di playoff della squadra e che ha costretto coach Rivers a mescolare le carte e rivoluzionare le rotazioni.

La partenza di Harris, però, è stata attenuata da quello che è stato un altro elemento fondamentale alla base dei Clips, ovvero la salute di Danilo Gallinari, della migliore stagione in carriera per impatto e continuità offerta lungo tutto l’arco dell’anno. L’ex Milano ha infatti tirato da tre con il 43% (quinto miglior tiratore della stagione), segnando 19.8 punti a partita (che salgono a 31 su 100 possessi) e facendo registrare uno stratosferico 124.9 di offensive rating. Oltre alle statistiche, però, c’è di più: Danilo si è dimostrato leader in campo, capace di attirare le attenzioni delle difese avversarie, consapevoli della versatilità e della capacità di segnare in diversi modi che il nativo di Graffignana ha nelle proprie corde. Tutto questo si è tramutato in molto più spazio per tutto l’attacco Clippers, con i difensori avversari costretti a riempire di attenzioni il numero 8, il tutto cercando di non mandarlo in lunetta dove, tra gli altri, tira il 90.6% (anche qui top 5 NBA).

LA PANCHINA

Per chiudere in breve il quadro di cosa sia stato decisivo per la cavalcata verso i playoff è inevitabile passare dalla profondità della panchina.

Quando una squadra con la panchina corta incontra una squadra con una second-unit in cui entra Lou Williams, la squadra con la panchina corta è una squadra morta.

Parafrasando Sergio Leone, nel corso degli anni siamo ormai stati abituati all’impatto di Williams in uscita dalla panchina, ma quest’anno l’ex Philadelphia ha piazzato e potrebbe piazzare un paio di milestone molto significative: durante gli ultimi due mesi di stagione regolare, Lou ha superato Dell Curry nella classifica di punti realizzati in uscita dalla panchina, conducendo ora questa speciale graduatoria; a questo record, poi, si aggiungerà molto probabilmente il terzo premio di “sesto uomo dell’anno” (secondo consecutivo), che porterebbe Sweet Lou al livello di Jamal Crawford, altro sesto uomo con il grilletto facile.

Non è un caso, infatti, che la panchina dei Clippers sia stata per distacco la più prolifica della stagione e della storia, con la bellezza di 53 punti segnati a partita. Ridurre tutto a Williams sarebbe, ovviamente, impreciso, anche vista la super stagione giocata da Montrezl Harrell, che con buona probabilità finirà secondo nella classifica per il premio di “sixth man of the year” e che ha fatto parlare di sé oltre che per la sua originalità in fatto di sneakers (durante gara 5 ha giocato con 4 diverse paia di scarpe di due brand differenti…) anche e soprattutto per l’energia e l’intensità con cui puntualmente ha spazzato via le second unit avversarie a suon di punti e rimbalzi (30 + 12 proiettati sui 100 possessi).

IL FUTURO 

Cosa succederà da qui alla prima palla a due della stagione 2019 è ancora presto per dirlo: la trade di Tobias Harris ha liberato ancora più spazio salariale, e nell’estate in cui Kevin Durant e Kawhi Leonard potrebbero decidere di cambiare squadra, le prospettive di potersi accaparrare uno dei due sono ghiotte e non così lontane. La cavalcata terminata in gara 6 contri gli Warriors è senza dubbio un bell’incentivo per chi durante la free agency vorrà considerare i Clippers come prossima destinazione. Quel che è certo è che, ad oggi, la squadra con più appeal di Los Angeles non sono certo i Los Angeles Lakers.

Pubblicità
Davide Quaranta
Davide nasce a Pavia il 27/02/1993. La sua personale folgorazione sulla via di Damasco avviene in tenera età grazie alle giocate di Kobe Bryant e Manu Ginobili. Laureato in Economics, finance & international integration all'Università di Pavia, si è sempre definito tifoso Lakers e interista per autolesionismo. La frase che secondo lui raccoglie più di tutte l'essenza della pallacanestro è "Ball don't lie", tanto da decidere di tatuarsela addosso.