Euroleague F4: Gigi e Nik, Doncic, la verità Pangos e Hines da impazzire

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Ogni anno, quando si arriva alle Final Four di Eurolega, ai tifosi brillano gli occhi perchè il meglio del basket europeo, al netto dei budget e di tutto quello che sta intorno, è in campo a darsi battaglia nelle partite senza domani. Se gli scontri tra Fenerbahce-Zalgiris e CSKA-Real sono stati musica per le nostre orecchie, noi vogliamo soffermarci sui singoli, quelli che hanno fatto qualcosa di particolare per la loro squadra, quelli che quando serve quel quid in più per giocarsi la vittoria ci sono:

GIGI DATOME E NICOLÓ MELLI

Il primo canestro di Nick in una Final Four è stato una schiacciata a seguito di un deciso taglio ed è arrivato dopo tanto tempo in cui offensivamente non si era preso particolari responsabilità. Questo non toglie nulla a una partita difensivamente stratosferica che ha mixato atletismo (anche se il suo volto nel quarto periodo era rigato dalla fatica), ma soprattutto mobilità e intelligenza che gli hanno permesso di recuperare cinque palloni, lanciare contropiedi (6 assists) ed essere una vera e propria presenza demoniaca che i verdi di Jasikevicius ancora sognano questa mattina. Come in un All Star Game, alla prima partecipazione si entra in punta di piedi dal punto di vista delle responsabilità, ma lo scout della partita di Obradovic avrà sicuramente tanti + di fianco al suo nome.

Gigi invece è ormai un veterano di questa competizione: è alla terza finale consecutiva e ha mostrato in questa partita un istinto del killer ormai insospettabile. Anche lui è partito dalla difesa con le stoppate (tre totali del Fener, tutte sue) andando con aiuti velenosi e di grande verticalità, poi ha impreziosito la prova (senza difesa con Obradovic non si gioca) con sedici punti quasi silenziosi, ma d’incredibile efficacia, da veterano, da leader. Non è solo patriottismo con il capitano della nazionale, è vera e propria venerazione, dove ormai nei momenti importanti è uno che non sbaglia più un colpo.

KEVIN PANGOS

La difesa del Fenerbahce è stata insostenibile in alcuni momenti della partita (specialmente quando hanno creato parziali positivi) e ha costretto lo Zalgiris a 20 palle perse, non esattamente una cosa normale per la squadra di Jasikevicius. È vero ce ne sono cinque anche di Pangos, che però ha dimostrato quanto sia in grado comunque di essere efficace anche al più alto livello di basket europeo. Ha aspettato che la partita andasse da lui, senza forzare e provandosi a mettersi al servizio della squadra, sino a quando nel terzo quarto ha preso per mano i suoi nell’ennesimo tentativo di rimonta, trovando soluzioni e canestri non solo di talento, ma anche dal grande senso del dramma.
Obradovic sapeva perfettamente che la chiave del gioco sarebbe stato lui e mettergli addosso difensori alti e atletici come Kalinic, gli ha creato qualche problema, che però ha solo parzialmente offuscato una prova ugualmente da leader.

LA DIFESA DEL FENERBAHCE

È difficile spiegare a parole quanto la difesa dei campioni in carica abbia dato la sensazione di un boa constrictor che stritolava ogni minuto di più la sua preda. È stato un clinic di pressione sulla palla e di show & recover dei lunghi sulla palla, che obbligavano i palleggiatori ad allontanarsi da canestro, togliendo completamente l’arma più importante degli avversari: il tiro da tre punti: 2-10 in totale che fa più impressione per i tentativi che per le realizzazioni.
Kalinic e Melli hanno scritto i momenti emotivamente migliori della difesa, mentre Veselj, al netto di quella incredibile schiacciata da slam dunk contest, era letteralmente ovunque in quelle rare volte in cui i suoi compagni fossero in ritardo. Con questo tipo di qualità e intensità non si può negoziare, anche se Laso avrà armi diverse da quelle di Jasikevicius.

LUKA DONCIC

Abbiamo parlato molto a DNPCD di Jason Tatum, diciannovenne che sta facendo i proverbiali bambini coi baffi nei playoffs NBA, ma il fatto che ci fosse James Jones (VP of basketball operation dei Suns) in prima fila per vedere Luka Doncic in questo palcoscenico, è un chiaro segnale di come il suo:

Non è detto che vada in NBA

suonasse più come un:

Ora penso alle finali e poi vediamo

La sua prova è stata ancora una volta clamorosa non tanto e non solo per i 16 punti finali, frutto di percentuali non eccelse, ma per l’autorità e la naturalezza con cui li ha messi, comprese un paio di triple: una in step back che ha guadagnato tre metri sul difensore e una che ha sostanzialmente dato la spallata definitiva alle velleità del CSKA.
Sembra davvero impossibile che non faccia il grande salto nella prossima stagione e la nuova panchina “slovena” dei Suns, oltre a questo tipo di prove nel palcoscenico più importante, potrebbero portare a una sola conclusione: un volo per l’Arizona.

KYLE HINES

Ovviamente in questi momenti si parla tanto dei vincitori e poco dei vinti, ma non spendere due parole per Kyle Hines dopo questa semifinale è davvero dura. Proprio in una partita dove il CSKA si è affidato a estemporanee fiammate di Higgins prima, Clyburn poi e DeColo alla fine, la sua presenza è stata demoniaca anche per dominatori dell’area come Ayon e Tavares. Lo si nota particolarmente quando a 1.98 m. di altezza cattura rimbalzi senza cittadinanza tra le torri avversarie, ma è la sua attitudine e la sua mentalità che lo fanno essere sempre al centro dell’azione e se c’è una palla recuperata, un rimbalzo sporco o un tuffo, lui è sempre nella zona delle operazioni. In alcuni momenti della rimonta CSKA mi sono cadute le braccia dallo stupore nel vedere ancora lui uscire con la palla da una tonnara in area, conquistandosi falli e palloni al cospetto dei 2.20 m. di Tavares, convertendo anche quello che è stato il suo tallone d’Achille (e il movimento è ancora poco guardabile) ovvero i tiri liberi.

È vero che il CSKA non ha vinto, ma queste due partite hanno dimostrato che manifestazioni di questo tipo si vincono sì con il talento, ma anche coi grandi campioni che si sacrificano per la squadra: lui, Jan Veselj, Nikola Kalinic e Jeffrey Taylor, perchè se quelli con questo pedigree sono considerati la classe operaia che va in paradiso…beh Bertomeu ha di che essere contento.

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