Euroleague: il borsino delle Final Four

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Final Four
Credits Twitter Euroleague

Ieri, 30 maggio 2021, alla Lanxess Arena di Colonia si è conclusa una delle Final Four più intense, emozionanti, qualitative, ma anche particolari, della storia dell’Eurolega moderna. Ogni anno, durante questo week-end ci ricordiamo del motivo per cui siamo così affezionati al basket europeo, e quest’ultimo atto in particolare è stato un incredibile spot per la pallacanestro del vecchio continente. A spuntarla, alla fine, è stato meritatamente l’Efes, che ha coronato così una rincorsa partita tre anni fa, ma tutt’e quattro le partecipanti hanno dimostrato perché avevano diritto di starci tra le migliori quattro di Euroleague. Dunque, di seguito, proveremo a mettere assieme dei rapidi bilanci dell’esperienza alle Final Four delle protagoniste di questi giorni.

#4 CSKA Mosca

Da campione in carica dell’ultima Eurolega assegnata – quella del 2019, pre-Covid – al quarto posto alle F4, può essere visto come un tracollo da qualche punto di vista. In realtà, per come si era messa, è possibile guardare il bicchiere mezzo pieno in casa CSKA. La truppa di Mosca era sicuramente la squadra con meno armi a disposizione, allo stato attuale, per tentare seriamente l’assalto alla coppa, eppure è riuscita ad arrivare fino al tiro per vincerla contro la formazione che ha poi festeggiato la domenica, a dimostrazione dell’equilibrio vissuto in questo fine settimana. Le assenze di Milutinov e James rispetto al roster di inizio stagione hanno gravemente complicato i piani dei russi, che con entrambi a disposizione sarebbero sicuramente stati la squadra da battere. Senza di loro, però, hanno trovato ottime risposte da Clyburn, che ha sì sbagliato il tiro decisivo, neanche semplice, ma ha trascinato i suoi fin lì, dal nostro Hackett, che ha letteralmente gettato il cuore oltre l’ostacolo, da Lundberg, che adesso è l’uomo del futuro, ma anche da Voigtmann, tatticamente fondamentale a dispetto del tabellino e potenziale incastro ideale per il roster milanese 2021-22…

Chi, invece, ha toppato è stato Shengelia, da cui ci si aspettava uno step-up da stella della squadra, che al contrario non ha brillato nella semifinale persa. Male pure Hilliard, che aveva dato buoni segnali tra fine RS e primo turno di playoff, ma si è rilevato assente ingiustificato in terra tedesca. In ogni caso, il CSKA riparte da due certezze: la conferma di Itoudis, che significa prolungare la mentalità vincente di questo team, e il conseguente addio di Mike James, sul quale era importante fare chiarezza.

#3 AX Armani Exchange Milano

Poco da aggiungere a quanto più volte ribadito dopo il suono della sirena della semifinale sfuggita a Milano in favore del Barça. A mente lucida e a distanza di giorni, vanno rinnovati gli applausi e le congratulazioni ad un Olimpia che ha riportato l’Italia sulla mappa del basket che conta. Chiaramente, l’amarezza dell’essere arrivati ad una tripla aperta del tuo giocatore più in ritmo dalla finale di Eurolega resta, ma non è assolutamente ciò su cui deve rimuginare l’Armani Exchange. Piuttosto, anche questo come fortemente rilanciato da coach Messina, sarà fondamentale non rendere quest’esperienza una vana gita di maggio, ma un punto di partenza per un progetto ambizioso e duraturo. Per far sì che ciò possa realizzarsi, l’obiettivo è quello di tutelare e rinforzare un gruppo che dà l’impressione di girare a meraviglia, dentro e fuori dal campo. Lo dimostrano le immagini appena successive al rientro a Milano, quando la squadra ha salutato Jeremy Evans: l’ultimo arrivato perfettamente integrato in uno spogliatoio che è sembrato essere il punto di forza di quest’anno.

Molto della nuova Olimpia dipenderà dalla riconferma di Kevin Punter, che prima dell’errore decisivo era stato sostanzialmente irreale, e non solo nei precedenti venti minuti disputati contro il Barça, bensì nell’arco di tutta la stagione. A margine, non sappiamo se sarà il ricordo d’addio del matrimonio tra le parti, ma Vlado Micov ci teneva a lasciare un bel ricordo nei pressi del Forum, da un veterano come lui era facile aspettarsi un rendimento come quello che ha effettivamente avuto sia in semifinale che in finale. Ad ogni modo, Ettore Messina e il resto dell’organizzazione meneghina, dovranno ripartire dalla consapevolezza di aver costruito un roster capace di giocarsela con ogni singola squadra in Europa. Intanto, c’è a disposizione un’estate per provare a puntellarlo al meglio, per poi riprovarci il prossimo anno.

#2 FC Barcelona

Era probabilmente la favorita assoluta, ma il bello del format delle Final Four e della gara secca è che non si può mai dar troppo ascolto ai favori del pronostico. Il Barça, a tratti, ha dato la sensazione di mettere in campo il basket più ingiocabile e dominante di tutta la lega sulle due metà campo, ma si è dovuto arrendere ad un Efes che è riuscito a fare semplicemente di più. I deficit dei blaugrana ci sono stati eccome, Milano li aveva messi in gran difficoltà il venerdì e chissà come sarebbe finita se Higgins – a dir poco clamoroso in entrambi gli impegni di Colonia – non avesse pagato la cauzione per tutti. Mirotic, senza dubbio per status il più importante giocatore fuori dall’NBA, aveva dato ottimi segnali contro l’Olimpia, specie difensivamente, ma si è praticamente estraniato dai momenti che hanno deciso questa Final Four, soprattutto in finale, dove è mancato visibilmente. Il Barcellona alla fine ha anche sentito la mancanza di Calathes, non al meglio dopo l’infortunio accusato in semifinale, che non ha potuto dare il suo solito contributo per questo motivo. La squadra di Jasikevicius, che si è beccato qualche critica su vari fronti post-finale, ha certamente sofferto in cabina di regia: Higgins e Bolmaro – molto positivo per essere un ventenne alla prima Final Four da protagonista, hanno provato a dare una mano, ma non è bastato in un roster che ha avuto appunto Calathes come unica PG pura per tutta la stagione. A tal proposito, è misterioso il non-impiego di Hanga, che ha raccolto una manciata di secondi in finale e neanche 8 minuti contro Milano. L’ungherese avrebbe potuto contribuire con un po’ di playmaking, dando anche una grossa mano difensivamente, come ci ha abituato a fare.

Infine, al di là delle simpatie personali, è impossibile non dispiacersi per Pau Gasol, che ha dato veramente tutto e anche di più, dimostrando professionalità, dedizione e amore per questo gioco inarrivabili. Una delle giocate delle Final Four è stata senza dubbio la sua stoppata chirurgica in finale, con conseguente recupero caratterizzato dalla garra di un ragazzino con la voglia di spaccare il mondo.

#1 Anadolu Efes Istanbul

dulcis in fundo, i campioni, che oltre ad aver guadagnato con merito la prima Eurolega della propria storia, in queste Final Four hanno divertito come poche altre squadre europee negli ultimi anni. Come si ricordava in apertura, la rincorsa dell’Efes parte dalla finale persa nel 2018-19, arrivata dopo aver concluso la regular season dell’anno precedente all’ultimo posto. Da lì, lo stop causa pandemia che ha interrotto la minacciosa marcia intrapresa dall’Anadolu l’anno scorso, accompagnato dalle numerose polemiche di coach Ataman, che non sono cessate neanche ad obiettivo realizzato. L’allenatore passato per Siena, infatti, avrà certamente fatto un lavoro encomiabile – e i fatti sono lì a testimoniarlo, ma ce l’ha davvero messa tutta per non rendersi simpatico agli addetti ai lavori del basket europeo. Post-premiazione, appunto, ci ha tenuto a precisare che chiederà al CEO Bertomeu di riceverà un doppio trofeo, con una chiara rivendicazione alle premesse appese a metà nella scorsa stagione. Sul campo, allo stesso tempo, l’Efes è stato veramente più forti di tutti e tutto, anche delle difficoltà nel corso della regular season, che li aveva fatti incappare in una preoccupante serie di sconfitte consecutive. Alla lunga, i campioni si sono rivelati campioni, in particolare, la coppia Micic-Larkin ha regalato gioie inestimabili ai telespettatori incollati a teleschermi e dispositivi streaming in questo week-end di lusso. Il dynamic duo Istanbul-based ha dimostrato di essere un qualcosa di più unico che raro a queste latitudini, regalando spettacolo in lungo e in largo. Micic ha coronato un’annata assurda con il secondo premio di MVP, che lo certifica come il giocatore più immarcabile di tutta la competizione, la NBA e OKC lo attendono, giustamente. Larkin, al contempo, era un po’ calato rispetto ai mostruosi lampi mostrati un anno fa, ma quando contava è stato altrettanto fondamentale ed esplosivo, anche difensivamente.

Ridurre quanto fatto dall’Efes ai due uomini di copertina sarebbe limitante, sebbene quanto fatto dal backcourt sopracitato in queste Final Four si sia visto poche volte nella storia dell’EL. Ad esempio, Sanli merita senza ombra di dubbio una menzione, per essere stato uno dei giocatori rivelazione di questa stagione ed essersi confermato nelle sfide cruciali. Ma anche Singleton è stato un altro giocatore, non premiato dalle statistiche, ma imprescindibile per gli equilibri del sistema di gioco di Ataman, giusto per citarne un altro. Ciò che è certo, è che tutti, ogni giocatore dell’Efes che ha assaggiato il parquet di Colonia, hanno dato l’impressione di essere ossessionati da quel trofeo, che alla fine hanno portato a casa.

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