Gigi Datome: “Per Messina fondamentale la dedizione, difficile lasciare Istanbul”

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Gigi Datome
Flickr Olimpia Milano

Questa sera andrà in scena la sfida tra Olimpia Milano Fenerbahce ad Istanbul, in un match che negli ultimi anni ha visto intrecciarsi molte storie legate a doppio filo tra i due club. Gli ultimi giocatori ad aver percorso la strada tra Milano e la capitale turca sono stati Devon Hall e Nicolò Melli, oggi per la prima volta in veste di “nemici” delle scarpette rosse. Tuttavia, negli anni un nome su tutti è quello che ha più mosso i sentimenti di entrambe le tifoserie, ovvero Gigi Datome. Oggi ritiratosi dalla pallacanestro giocata, nessuno meglio di lui sa cosa significa indossare le maglie di Fenerbahce e Olimpia, arrivando a vittorie storiche con entrambe.

Per questo motivo, Cesare Milanti di Eurohoops ha dedicato proprio a Datome una lunga intervista, ripercorrendo i suoi anni di carriera tra Istanbul e Milano. L’ex capitano della Nazionale ha espresso tutto il suo amore, prima di tutto, per la capitale turca: un simbolo europeo di multiculturalità, colori e spiritualità.

Quando ho lasciato il Fenerbahce, non sapevo niente di Milano. Avevo la sensazione che sarebbe stata l’ultima volta che ero ad Istanbul. La notte prima di andarmene, ho fatto una lunga passeggiata da solo. Continuavo a ripetermi che avrei odiato lasciare. Sono stati anni incredibili, che non dimenticherò mai.

Allo stesso tempo, anche a Milano Datome è poi riuscito a trovare i suoi piccoli angoli di tranquillità.

Ci sono alcuni angoli di Milano in cui puoi trovare spazi più accessibili. Il mio è una libreria nella zona di Giambellino, si chiama Gogol.

Nei suoi anni a Istanbul e Milano, Datome ha condiviso lo spogliatoio con alcuni dei migliori giocatori della pallacanestro europea. Tra questi, due maestri dello short roll come Jan Vesely e Kyle Hines. Due lunghi di grande esperienza, la cui intelligenza cestistica può cambiare completamente le prospettive di una squadra, facilitando il gioco di tutti i compagni.

La cosa impressionante è che, con loro in squadra, speravo sempre che gli avversari giocassero difesa hedge. Così, con il loro short roll, avevamo un vantaggio automatico di 4 contro 3. Se avevano un minimo spazio, potevano anche esplodere verso il ferro. Altrimenti, il loro tempo di reazione tra la ricezione della palla e fare il passaggio giusto era incredibile. Preparato e studiato, ma incredibile.

Quante volte, nel corso degli anni, abbiamo visto questo tipo di attacchi concludersi con una tripla segnata di Datome? Così tante da non riuscire a contarle. Lo stesso Gigi afferma che la sua responsabilità, in quella situazione specifica, era tirare se si fosse creato lo spazio necessario. A facilitare ancora di più le cose, le squadre di cui l’italiano è stato protagonista avevano anche due grandi playmaker come Sergio Rodriguez Kostas Sloukas.

Chacho era spontaneo, tutto andava in modo fluido. Sloukas era maniacale nel lavoro individuale. Penso abbia mangiato riso e pollo per tutti e cinque gli anni che sono stati li. Lui è più schematico e cinico, Chacho è più spettacolare e poesia in movimento.

Ovviamente, dalla lista di compagni di spogliatoio che hanno inciso nella carriera di Datome non si può escludere Nicolò Melli. Quella con Nik è un’amicizia che va oltre il campo e lo spogliatoio, ma che negli anni giocati nella stessa squadra è stata dedicata l 100% al bene di quella società.

Abbiamo sempre messo come priorità gli obiettivi di squadra, prima di tutto e tutti, lasciando da parte l’ego. Abbiamo sempre mostrato serietà, dedizione e impegno. Lo prendo sempre in giro perché fa le statistiche più sottovalutate al mondo, ma le più utili.

Infine, Datome ha speso qualche parola anche per i suoi due coach di quegli anni, Obradovic e Messina. L’italiano ha descritto Zeljko come un allenatore che predicava l’importanza della squadra sopra le individualità, mentre per Ettore ha sottolineato un termine: dedizione.

Con Ettore è fondamentale la dedizione. Ce l’avevo già di mio, ma vederla da lui lascia un segno differente. Le richieste che aveva non solo verso i giocatori ma anche se stesso ti fanno capire che, per essere ad un certo livello, è questo quello che devi fare. Puoi tradurlo dal basket alla vita come padre, lavoratore, amante e amico. Qualsiasi cosa sia.

 

 

 

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