La seconda parte dell’intervista a Jason Terry in esclusiva dall’Eurocamp. Puoi recuperare la prima QUI.
Ragionando da coach, valutando nel complesso tutti i giocatori che compongono una tua squadra e non solamente quelli che consideravi nel tuo ruolo da giocatore, hai cambiato modo di vedere la pallacanestro? L’approccio è quello di sempre o riconosci delle differenze?
È simile. Ma ora, seguendo allenamenti e gare come assistant coach, puoi insegnare, puoi gestire il gioco della tua squadra e ispirare la prossima generazione. Persino meglio di quanto scendevo in campo: mi piace giocare, ma ora ho più piacere di vedere la prossima generazione sviluppare e crescere e diventare buoni giocatori.
A proposito di giocatori attuali: vedi similarità tra la pallacanestro che giocavi tu e il gioco attuale? O anche solo tre anni, tanto è passato dal tuo ritiro a oggi, hanno cambiato la velocità e la fisicità del basket NBA?
Sono fortunato perché ho giocato nella Lega per quasi vent’anni (1999-2018, ndr), quindi ho potuto vedere tre transizioni. Quando sono arrivato, c’erano sia esterni che centri molto stazzati, fisici, che suggerivano di giocare a un ritmo non esagerato.
Poi siamo passati a reparti guardie con meno centimetri: la velocità era comunque più controllata ma l’NBA era meno fisica. Alla fine della mia carriera la velocità era più alta: l’NBA era più rapida, divertente, più forte ma meno fisica.
Nel momento in cui ho vissuto questi cambiamenti, però, non ho mai percepito differenze nel vivere il gioco: è sempre stato un piacere, da compagno di squadra e professionista ho amato qualsiasi fase che l’NBA ha vissuto. Non riesco a dire che fosse meglio l’una o l’altra, che fosse più bella o vera quella di prima o di adesso: è sempre un onore e una benedizione poter giocare e vivere la pallacanestro.
Quindi non vedi possibili comparazioni tra i Dallas Mavericks 2011, gli ultimi vincenti in NBA con Dirk Nowitzki a comandare le operazioni e Terry a garantire energia e imprevedibilità della panchina, e i Dallas Mavericks 2024 di Luka Doncic e Kyrie Irving?
L’unica somiglianza che noto è che nessuno, nel 2011 come oggi, aveva dato Dallas come favorita o vincente all’inizio della stagione. Nessuno pensava che sarebbero dove sono ora, sono gli underdog come lo eravamo quando abbiamo vinto l’anello.
Strutture di squadra troppo differenti?
Quasi agli antipodi: oggi ci sono due guardie dominanti dal palleggio e atletismo tra le ali, noi avevamo un playmaker su tutti e stazza nel front court. Se Dallas oggi ha Doncic, noi avevamo un fenomeno come Dirk Nowitzki, era davvero straordinario in quella run Playoff…
Chiusura con scelte drastiche: tre giocatori che, in carriera, ti hanno fatto venire il mal di testa più di quanto tu lo abbia fatto venire a loro?
Allen Iverson: una capacità di creare vantaggio col palleggio incredibile. Kobe Bryant: io sono 6’2″ (188 cm) e lui 6’4″ (198 cm), il Mamba aveva un morso mortale. Nessuno pensa a questo nome, ma il terzo è Earl Boykins: per me era difficilissimo da seguire perché era 165 cm, era piccolo così (fa il gesto con la mano, ndr), era complicato da inseguire se avevi un baricentro più alto…
E lil quintetto migliore, potendo scegliere tra i tuoi compagni di squadra?
Oh mio Dio, mi vuoi far fare una squadra da Hall of Fame. Dirk Nowitzki sicuro, poi Jason Kidd, James Harden, Giannis Antetokounmpo… E poi probabilmente Kevin Garnett. Una frontline insuperabile e la giusta regia per mettere in ritmo tutti, come la batti? (ride, ndr)