NBA, LaMarcus Aldridge: la sindrome della nostalgia

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BUGIARDA SEDUCENTE

Se quello s*****o di Zaza Pachulia (lasciamo all’accortezza del lettore sostituire gli asterischi) non avesse deciso di attentare alle caviglie di Kawhi Leonard, quante probabilità avrebbe avuto quella San Antonio di superare Golden State e sconfiggere in finale Lebron e i suoi Cavs? Romanticismo da una parte, realtà dall’altra. Come sempre. Dopo il termine del contratto con Portland e aver contribuito alla ricostruzione dell’immagine e della credibilità di una franchigia sull’orlo del collasso, Aldridge ha infatti deciso di accasarsi tra i canali texani del Paseo del Rio. Quelli che avevano sbarrato la strada all’edizione meno martoriata di Portland hanno deciso di puntare sul talento e sui polpastrelli di LaMarcus per affiancare il silenzioso #2 alla conquista di un nuovo titolo.

La cavalcata è emozionante. LaMarcus, per la prima volta in carriera, raggiunge le Finali di Conference, decretando l’eliminazione di Houston (ancora loro, i Rockets) con una prestazione nella decisiva in gara 6 griffata da 36 punti e 12 rimbalzi. Gara 1 alla Oracle Arena è una lezione di pallacanestro. 76-55 Spurs a metà terzo quarto. Poi, il fattaccio. La botta è tremenda. San Antonio finisce per perdere anche gara 1, dominata in lungo e in largo, così come le successive tre partite. La connessione offensiva tra Aldridge e Kawhi è troppo determinante le sorti di una squadra di grandissimi role player ma che, con l’infortunio di una delle due stelle, non riesce a supportare a dovere i sacrifici e gli sforzi di quella superstite. Anche perché quella del 2017 è l’ultima annata di Aldridge nel suo prime. Gli anni passano anche per il Dallas. La reattività non è più quella di un tempo. Di mobilità laterale, non ne parliamo neanche. Ma la mano no. Quella continua a non tradire mai.

Fonte: Pounding the Rock

Se Steve Nash e il suo staff avessero deciso di tenerlo in panchina un’azione in più, centellinando all’estremo i minuti da concedergli in una tranquilla partita di regular season per preservarlo in vista di impegni futuri ben più probanti, potremmo scrivere di un Aldridge solo ritirato? Il cuore degli appassionati NBA ha smesso di battere per un secondo. Quasi a voler compensare quello troppo veloce del nuovo centro dei Nets. Sfruttando le mediocri prospettive degli attuali Spurs, Brooklyn ha approfittato della situazione, fiondandosi su un centro la cui limitata autonomia non giustificava i 25 milioni di dollari a libro paga. LaMarcus, sostanzialmente fuori rosa e non considerato da inizio anno nelle gerarchie di Popovich, ha rinunciato a $7,25 mln pur di afferrare quella che, probabilmente, sarebbe stata l’ultima chance di ottenere il tanto agognato titolo di NBA World Champion.

La presenza di Harden, Durant e Irving non lo avrebbe obbligato agli straordinari né in attacco né in difesa. Al centro sarebbero state richieste le giuste frasi in spogliatoio, l’autorevolezza nel dirimere le dinamiche extra campo, l’esperienza di uno scafato comandante a capo di una nave di pirati poco raccomandabili. Al più, qualche movimento in post dei suoi e la giusta vocalità in difesa. I problemi fisici, stavolta, non hanno colpito i suoi compagni di avventura. Hanno dovuto raggiungerlo in prima persona, per impedirgli di ottenere ciò che oggettivamente si sarebbe meritato.

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