12 gennaio 1876. La California offre i natali a uno degli autori più importanti della storia americana, Jack London. Partito alla ricerca dell’oro verso il Klondike, rimase talmente segnato dall’esperienza che decise di ambientare il suo capolavoro nella fredda regione del Canada. Non siamo al di là del confine, ma i sempreverde e le temperature rigide sono molto simili. Resistere agli inverni rigidi del Minnesota, cercare di riscaldare gli animi dei fans al palazzetto, sopportare i dolori e le perdite personali. La missione cui Karl-Anthony Towns è investito sin dalla scelta al Draft 2015 è tra le più impervie. Dopo anni di rancori, rimpianti e discussioni, il dominicano sembra aver finalmente colto il richiamo della foresta. Le tragedie che hanno colpito diversi suoi famigliari nel corso della pandemia. Le accuse, mosse direttamente da un cagnaccio come Jimmy Butler, di essere troppo soft per poter essere leader di un gruppo vincente. Anni e anni di indolenza difensiva e set offensivi eccessivamente logoranti, unicamente incentrati su di lui. Parlare di rinascita per i Minnesota Timberwolves e Towns suona meno retorico che in altri casi.
Beverley-Russell-Edwards-Vanderbilt-Towns rischia di passare alla storia come una delle lineup più efficienti e, allo stesso tempo, sottovalutate. Vero che il mondo delle Advanced Stats spiega sino a un certo punto l’ecosistema del parquet cestistico, ma le cifre del quintetto di cui sopra sono devastanti. Record, Defensive Rating, efficienza offensiva. Praticamente in testa a ogni parametro. Chris Fynch, suo malgrado, ha potuto esplorare non ancora a sufficienza questa rotazione per via di infortuni e Covid. Ma quando i tre giovani tenori sono affiancati continuativamente da due difensori nettamente sopra la media come Pat Beverley e Vanderbilt, i loro numeri difensivi impennano. Mascherando, almeno parzialmente, le lacune e le limitazioni dei singoli. Chiaro che KAT, Ant Man e D-Lo non saranno mai specialisti difensivi, ma sin dalla preseason il diktat del coaching staff risuonava chiaro e limpido. Come il richiamo della foresta, come l’evocazione dello spirito di un Minnesota terra di infaticabili lavoratori temprati dal freddo. Se il talento difensivo non ti è stato distribuito, compensa con lo sforzo e la buona volontà. Ché nessuno ti impedisce di abbassare quelle gambe.
Some more portraits of the 2021-22 Minnesota Timberwolves. #Twolves https://t.co/qqpx9hoN4U pic.twitter.com/azoGcwdfx1
— Carlos Gonzalez (@CarlosGphoto) October 22, 2021
Il notevole aumento di effort generale delle stelle della squadra giustifica una classifica che non vedeva i Minnesota Timberwolves così in alto dai tempi di Butler. Esclusa quell’annata, KAT non ha mai guidato la franchigia alla postseason. Quest’anno, complice un Ovest fluido e in continuo rimescolamento, l’obiettivo non pare così irraggiungibile. L’ottavo posto, a un paio di gara dalla quinta piazza provvisoria dei Mavericks, racconta di un basket più solido. Affidato e basato comunque sull’estro e sul talento individuale degli esterni, ma che non può allontanarsi da principi difensivi diversi dalle stagioni passate, digeriti nel migliore dei modi da star e comprimari.
La scelta #1 del Draft 2020 Anthony Edwards ha vissuto un ingresso in NBA tutt’altro che morbido. Il livello fisico e atletico non era in discussione. Ma i primi tempi autorizzavano a parlare di un giocatore quasi troppo “stupido” per capire i miglioramenti da implementare nel proprio gioco. Bene: tempo un paio di stagioni di pazienza e, oltre a un carattere che pare genuinamente spaccone, per nulla costruito e spontaneamente sbruffoncello, si sta rivelando la spalla perfetta per un centro atipicissimo come KAT. La pericolosità oltre l’arco di D’Angelo Russell, destinato a essere associato per tutta la carriera all’asset perfetto da includere in ogni trade che coinvolga una superstar minimamente scontenta della propria situazione (Ben Simmons, stiamo parlando di te…). Role player come PatBev, Vanderbilt, Reid e McDaniels, a fare da contorno succulento alle portate principali. Dopo l’era Garnett, il Minnesota è tornato a farsi sentire. I Timberwolves l’hanno percepito, quel richiamo. Finalmente.