NBA, All Star Game: obtorto collo

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CIRCO IN CORTOCIRCUITO

L’accordo fra le parti, raggiunto nella giornata di giovedì 4 febbraio, riguarda ufficialmente la sfida tra i 24 giocatori più votati da giornalisti, addetti ai lavori e fan mondiali. Ancora da delineare è il destino della gara delle schiacciate e del Three Point Contest, attrazioni principali del classico All Star Saturday, mentre pare altamente improbabile immaginare la sfida Usa – Rest of World tra rookies e sophomores, così come l’NBA Celebrity All Star Game e lo Skills Challenge. Quello di Atlanta si appresta a diventare una delle parate delle stelle con meno interesse dell’intera storia. I format tradizionali hanno ormai fatto il loro tempo, mentre le novità degli ultimi anni non hanno ancora attecchito nell’animo degli appassionati. Il risultato è un Carnevale in salsa carioca, dove l’agonismo e la competitività sono ormai riservati allo sfoggio di outfit all’ultimo grido tra le celebrità delle prime file. Ebbene, ad Atlanta non ci si potrà gustare neanche questo spettacolo: l’intero evento non prevede, com’è logico che sia, la presenza di pubblico, privandoci delle stravaganze e delle spacconate dei vari Drake, Beyoncé o Spike Lee. L’Association aveva previsto a inizio stagione una pausa di 5 giorni che la spezzasse in due, permettendo così la riformulazione dei calendari a causa di eventuali rinvii di partite (Washington e Memphis dovrebbero saperne qualcosa…). Addirittura, NBA.com aveva aperto anticipatamente le votazioni per l’eventuale ASG il 29 gennaio, a prescindere dal successivo raggiungimento della stretta di mano. Ma nessuno credeva realmente che la Lega finisse per convincere i giocatori a trattare. Nessuno era disposto a credere che la pandemia potesse aver segnato così tanto l’immagine di una macchina così apparentemente ben oliata da costringerla a non sprecare la minima goccia di carburante, recuperando il gas già espulso dal tubo di scappamento. Ogni aspetto della routine NBA ne risulta irrimediabilmente segnato. Il salary cap, in costante aumento negli ultimi anni, non è stato aumentato come previsto, assestandosi sui livelli pre-pandemici. A farla da padrone in campo non è certo l’agonismo: il timore di contagi con compagni e avversari contribuisce a trasformare la gran parte delle partite sinora disputate in incontri di preseason dove l’atletismo e l’intensità non si scorgono neanche sugli spalti. E no, non per via delle porte chiuse. In aggiunta, il recente caso di Kevin Durant ha riportato nell’occhio del ciclone i protocolli sanitari di tracciamento e gestione di contatti dei giocatori con soggetti infetti: il fascicolo, in costante aggiornamento, crea solo storture e confusione ulteriore, che ledono l’immagine di una Lega riconosciuta a livello mondiale come una delle più efficienti e reattive nel momento in cui sopraggiunge l’imprevisto. A maggior ragione dopo il riuscitissimo esperimento della “bolla” di Orlando. Gli ingredienti per il blocco dell’All Star Weekend ci sono tutti. La linea è pronta. Rimane solo da impiattare.

NBA

Whole New (All Star) Game

It’s ovah! It’s ovah!”. Il faccione di Vinsanity dopo l’ultima schiacciata dello Slam Dunk Contest del 2000 rimane e rimarrà una delle immagini più iconiche della storia NBA. La potenza e il risalto mediatico dell’evento di Oakland derivano da una falla storica. L’anno precedente, difatti, è l’unico a non annoverare tra le proprie fila alcun All Star Game. La serrata imposta dai giocatori si protrasse troppo a lungo, non permettendo l’organizzazione dell’evento. Fun fact: oltre a considerare come, a seconda dei punti di vista, la storia presenti prospettive caleidoscopicamente diverse (si considerino le opinioni di Jordan proprietario degli Hornets, leggermente diverse da quelle sostenute ai tempi in cui dipingeva arte sul parquet, riguardo le richieste contrattuali dei giocatori), è curioso che sia in questo caso la Lega a forzare i giocatori a scendere in campo una volta in più del necessario. L’ultimo scoglio superato pare esser stato proprio la redazione di protocolli specificatamente dedicati alla kermesse, differenti da quelli previsti per la stagione regolare. In una stagione compressa come questa, anche per corpi dai muscoli michelangioleschi, un momento di riposo avrebbe sicuramente giovato. Ma, al solito, all’altare del $ è facile compiere sacrifici. La azzardiamo? ASG 2021, Atlanta: la partita più brutta di sempre”. Stiamo esagerando? Forse. La sensazione diffusa tra i giocatori è che la Lega abbia anteposto le necessità economiche rispetto alla salute e sicurezza degli atleti. Ciò non contribuirà a ravvivare le motivazioni di uno scontro che già negli ultimi anni, nonostante l’abolizione della sfida East vs West rimpiazzata dalla selezione da parte dei capitani più votati, ha perso la componente di rivalità caratterizzante i decenni passati. L’unica reale vincitrice del compromesso sembra in fin dei conti Atlanta: la città natale di Martin Luther King, al centro delle recenti cronache globali, non solo si troverà a ospitare nello stesso anno l’ASG di NBA e MLB, ma beneficerà dell’indotto pubblicitario e multimediale di un evento che, volenti o nolenti, saremo comunque chiamati a commentare. Perché non ci sono considerazioni etiche o morali che tengano: lo scuotere di una retina vincerà anche stavolta. Obtorto collo.

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