NBA: altra finta rissa tra Bulls e Rockets, spiega Devin Booker

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DeMar DeRozan, Chicago Bulls; IPA Agency.

Nella notte abbiamo assistito all’ennesima rissa in pieno stile NBA: il classico vis a vis in cui alla fine dei conti non succede nulla di grave o di pericoloso (come accaduto fra Miami e Minnesota un mese fa). Questa volta è stato il turno dei Chicago Bulls, rappresentati dal californiano DeMar DeRozan in pantaloncini neri, e degli Houston Rockets, rappresentati dal canadese Dillon Brooks in pantaloncini rossi.

La scintilla che ha portato al confronto fra i due giocatori, entrambi noti per essere due che non si tirano indietro, è stato un duro fallo intenzionale da parte di DeRozan ai danni di Jalen Green. Il play di Houston è stato letteralmente centrato dall’ala di Chicago senza apparente motivo mentre passava su un blocco proprio di Brooks. Quest’ultimo – incredibilmente non nel torto – ha giustamente preso le parti del compagno colpito (pur senza aver visto il contatto, il che la dice lunga su che tipo di compagno sia), andando a muso duro da DeRozan per difendere Green. I rispettivi team hanno poi allontanato i due giocatori dopo una decina di secondi, prima che potesse accadere qualcosa di grave, come sempre succede (per fortuna).

Fra passato e presente

Una volta vedere una rissa in NBA era simile a vedere un incontro di wrestling, solamente senza il coefficiente di finzione. Fortunatamente oggi non è più così, perché le risse non sono quelle di una volta: nell’NBA odierna non è raro vedere due giocatori affrontarsi faccia a faccia senza poi concludere con un nulla di fatto.
Una volta, invece, le risse erano molto più “vere” e pericolose. Basti pensare al cosiddetto “Malice at the Palace”, la storica rissa fra gli Indiana Pacers di Ron Artest e gli ultimi campioni dei Detroit Pistons (che si sono ritrovati proprio questa settimana), avvenuta nel novembre del 2004, a cui parteciparono addirittura i fan. Quella rissa divenne subito un evento più grande di quanto la lega sperasse (ne ha parlato addirittura un episodio della docu-serie Netflix “Untold”), e portò a dei seri provvedimenti: l’NBA squalificò nove giocatori per un totale di 146 partite, portandoli a perdere un totale di 11 milioni di dollari, la ragione principale per cui oggi non vediamo più le risse di una volta.

Spiega Devin Booker

La scorsa settimana Devin Booker, ospite di J.J. Redick al podcast “The old man and the Three”, ha parlato proprio della questione risse-rivalità e trash-talking. Book ha detto che lui stesso usa il trash-talk per trovare carica e motivazione (anche se a volte finisce male), ma che per lui non è nulla di così serio, sia perché in campo affronta ragazzi che conosce da tanto tempo, sia perché nessuno ha interesse a mettersi le mani addosso in campo per perdere mezzo milione di dollari a causa di una multa. Piuttosto, dice Booker, preferisce risolverla da uomini nel tunnel, come ha visto fare altre volte, anche se oramai non si può più fare nemmeno quello, dice con tono quasi stizzito il numero uno dei Suns.

Insomma secondo Book quel che succede in campo rimane in campo, specialmente nell’NBA di oggi, dove in realtà in campo non succede nulla e assistiamo sempre, solo e fortunatamente, a risse finte.

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