NBA, Denver Nuggets: corsa all’oro del Colorado

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IL GIUSTO GRADO DI MATURAZIONE

A fare notizia, di questi Nuggets, è che le prestazioni migliori dei giocatori migliori ormai non fanno più notizia. Dopo un inizio stagionale caratterizzato da percentuali deficitarie, selezione di tiro non esattamente illuminata e gestione spesso confusionaria dei possessi finali, ora Jamal Murray sembra tornato sugli elevatissimi livelli della bubble di Orlando. Il canadese, nonostante il recentissimo infortunio al ginocchio, si è saputo reinterpretare in un ruolo leggermente diverso rispetto alla scorsa annata. La crescita globale della squadra non gli richiede più una mole spropositata di iniziative e conclusioni, preservando le sue indiscusse doti di finisher per i finali di partita e dirottando parte della concentrazione anche nella metà campo difensiva, vero tallone d’Achille dell’ex Kentucky.

Che dire, invece, dell’annata di Nikola Jokic? Le cifre sono sotto gli occhi di tutti. Parlare di lui come il principale nome per la vittoria dell’MVP non è una bestemmia, anzi. Se gli acciacchi di Embiid continueranno a minare la continuità delle presenze del camerunense, la candidatura del serbo è la più solida. Anche nel suo caso, rispetto al passato sono i cambiamenti a fare la differenza. Estirpare i rami secchi per dissodare e ravvivare un terreno tanto generoso quanto poco curato. Il corpo di Jokic, dalla ripresa post pandemica, è un’altra arma a disposizione dello staff di Malone: smaltiti quei chili in eccesso, la mobilità del centro di Sombor è notevolmente migliorata. Intendiamoci: le mani, gli occhi e il cervello, triade mortifera per le difese dell’intera Lega, hanno mantenute intatte le rispettive eccezionalità. A queste, Nikola sta costantemente aggiungendo un atteggiamento e una disciplina mai viste.

Fonte: ESPN

Ago della bilancia del futuro prossimo e a lungo termine di Denver saranno gli upgrade mostrati, a fasi alterne, in difesa. Fedeli ai dogmi del basket 2021, i Nuggets punteranno sempre e comunque a vincere le partite segnando un punto in più dell’avversario. Ma, talvolta, anche prenderne uno in meno non sarebbe sconsigliato. La nuova fisicità di Jokic, consentendo al serbo di non dover necessariamente optare per la drop coverage nelle situazioni di pick ‘n roll, permette ai compagni di coprire distanze minori nel ruotare sui tiratori avversari. L’atletismo di Gordon lo ha rapidamente eletto come difensore designato per i Leonard o Lebron di turno ma di non subirlo eccessivamente nel caso di uno switch con avversari più rapidi o dal tonnellaggio maggiore. Le leve di Porter Jr. iniziano a tornare utili non solo per schiacciare ma per gestire i contatti nella propria area e nella denigrata arte del tagliafuori. Le mani veloci di Murray, oltre al rilascio fulmineo in situazioni di tiro, sono impiegate anche per sporcare linee di passaggio e penetrazioni delle guardie avversarie. Certo, la Western Conference è una jungla, nella quale districarsi e riuscire a imporsi come specie dominante è variabile legata a infiniti fattori, genetici e ambientali. Gli innumerevoli accoppiamenti possibili non permettono al momento di tracciare un itinerario chiaro per ogni contendente alle NBA Finals. Ciò che ogni appassionato si augura, però, è che il potente spettacolo continui. E che Denver possa contribuire con un verso.

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