In mezzo alle favorite di inizio stagione nella Western Conference troviamo anche i Denver Nuggets, appostati in un onorevole secondo seed generale e dietro solo a sua maestà LeBron, la cui assenza ha facilitato e non poco il compito dell’ultima uscita stagionale, proprio allo Staple Center!
Una classifica tranquilla
Ciò che si sta delineando in tutto l’ovest e che è manna dal cielo per i ragazzi di Mike Malone, è un livellamento verso il basso dell’intero raggruppamento. Rispetto allo scorso torneo, troviamo infatti solamente sei club avviati a un facile cammino sopra il 50% di vittorie, anche se fra questi Utah pare di caratura inferiore alle altre, Denver in primis, e il resto del comparto non dovrebbe creare pericoli di classifica nei tempi a venire. Il coach può dunque lavorare in scioltezza, sicuro che forse in questa stagione e a dispetto della precedente, i match sulla carta agevoli saranno di più e acquisire di nuovo la possibilità del fattore casalingo (oggi 13-3 al Pepsi Center) in postseason sarà maggiormente facile, soprattutto perché la Northwest non sembra quella giungla con arrivi al fotofinish e feroci battaglie divisionali di un tempo. I motivi di questo appiattimento vanno ricercati nelle rivoluzioni estive che hanno accompagnato parecchi avversari, provocando un solco profondo coi Nuggets, rimasti invece praticamente gli stessi!
Una compagine ormai collaudata
L’importanza della W al cospetto dei Lakers non è assolutamente da sottovalutare e sta a rappresentare il fatto che, a differenza dei numerosi club da Big Two, quello allenato da Malone è l’unico a poter sopravvivere senza uno dei propri due assi che, ormai si può dire, non hanno nulla a che invidiare ai loro colleghi più celebrati, visto il rendimento che assieme ottengono sul parquet e all’efficienza assicurata dalla loro presenza per la squadra: parliamo naturalmente di Nikola Jokic e Jamal Murray!
La ragione è che al terzo anno di lavoro con lo stesso gruppo, crescendo di partita in partita, Denver può contare oltre che alla sua coppia stellare pure su un numero elevatissimo di “sesti uomini” di lusso. Poter affidarsi infatti a velocità e genio di un ormai ristabilito al 100% Will Barton, all’esperienza e classe nei due lati del campo di Paul Millsap, alla rapidità e mano calda di piccoli del calibro di Gary Harris, Monte Morris e Malik Beasley e a stazza e massa sotto al ferro di Plumlee, al solito affidabile nel concedere respiro al Joker, è qualcosa che si possono permettere in pochi! Aver inoltre rinunciato definitivamente all’esperimento Isaiah Thomas, difensivamente non adatto ai diktat del capo allenatore, aggiungendo a roster altri due jolly, ci sembra una mossa super azzeccata. Difatti, sia Jerami Grant che un – speriamo – finalmente sano Michael Porter Jr, aumentano i mantra che Malone ha installato verso tutti i suoi giocatori: copertura rapida e fisica e punti nelle mani di chiunque!
La difesa è il punto di forza
L’assenza di top scorer in attacco, comunque come detto profondo, vario e rapidissimo nel ball movement (quarti in assist per game), viene bypassata da un playbook collettivo nell’altra fase del gioco. Al pari del 2018/19 è difatti la difesa l’arma che fa di Denver un elite NBA e le statistiche a incontro parlano chiaro: primi per punti incassati, quinti per tentativi da due e top eight su quelli da tre e rimbalzi, per concludere con def rating al secondo posto dietro ai Bucks, rispetto al decimo dello scorso torneo e al 25mo due stagioni or sono. Il vertice sulle percentuali subìte da fuori indica abilità nell’avvicinarsi all’uomo e renderne difficile l’esecuzione, oppure la bravura nell’effettuare blitz e pressioni sui tiratori più pericolosi per creare diversivi su quelli meno affidabili; lo stesso notiamo sulle medie nei quarti finali (31.1 dall’arco e 34 nel mid-range), tra le più basse di lega.
Leader del gruppo ed esempio per tutti è ancora Paul Millsap, jolly sul lato forte e non, la cui incidenza sul campo è di circa 96 pti incassati per 100 possessi, inimitabile nell’impatto difensivo, grazie alle sue intuizioni, intelligenza e doti fisiche ancora credibili. Dietro di lui e insieme a lui emerge uno straordinario talento di gruppo per capire in anticipo il gioco avversario e creare big play, per merito di tempismo e smart eye nell’abbandonare il proprio uomo e aiutare in raddoppio nella restricted area, da lontano o in azioni da isolamento. Pochi sanno sia anticipare che ostacolare le immersioni da pick-and-roll o i tagli posteriori dal lato debole quanto le ali o i piccoli di Denver, oppure lasciare originariamente la palla al portatore e aggredirlo rapidamente con più uomini una volta superato il blocco. Oltre a Murray e Barton, il top anche nello score, vogliamo sottolineare le performance di Gary Harris, in calo nelle stats offensive, ma determinante al pari dei due nell’appiccicarsi e asfissiare i migliori marcatori NBA affrontati fino ad oggi e creare deviazioni e rubate.
La chimica tra Murray e Jokic
Anche Denver ha una coppia che fa sognare i tifosi grazie a Murray e Jokic, le combinazioni dei quali continuano a devastare progressivamente le difese altrui, con pick-and-roll, screen-the-screener ed handoff divenuti ormai marchi di fabbrica, col lungo che sfrutta mismatch sia se accoppiato ad una guardia col tiro da fuori che di fronte a un big man in penetrazione. Al contrario Murray trae vantaggio dallo “sdoppiarsi” utilizzando le innumerevoli capacità di palleggio, entrata e sospensione per concludere a sua volta. Quando i due si “staccano” è comunque il serbo ad accentrare l’azione, partecipando con la sua costante presenza in post alto alla maggior parte delle azioni offensive di squadra!
Con lui sul parquet, il net rating dell’altro aumenta di 6 plus e di 10 all’inverso ed entrambi, tra assist e realizzazioni, contribuiscono quasi al 50% dei punti di squadra. Murray sfrutta la presenza di Jokic e i relativi occhi su di lui per scegliere tiri migliori, fra i quali soventi apparizioni sotto il rim, come si è visto negli scorsi playoff, dove realizzò il 45.2% nel primo caso rispetto al 29.4 (oggi siamo a 45% anziché 40.6) del secondo. Nikola invece è il numero uno tra i centri per assist anche grazie alla contemporanea presenza del compagno, che gli “libera” uomini!
Se James-Davis, Leonard-George, Westbrook-Harden e Doncic-Porzingis danno alle loro squadre l’appeal giusto per contendere, ci sentiamo di non escludere nemmeno Murray-Jokic dalla corsa ad ovest, aiutati da un coach che ha cambiato la storia recente qui a Denver e da un numero sostanzioso di compagni affidabili ai quali lasciare il palcoscenico anche in loro assenza, cosa che pochi altri si possono permettere!