NBA: qual è il miglior Front Office di tutta la lega?

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NBA Front Office

Fra i molti premi che l’NBA consegna alla fine di ogni stagione ce n’è uno che da ormai 73 anni passa in sordina, quello dell’ “Executive of the year“, ossia il miglior front office della Lega. I meno appassionati a questo punto potrebbero chiedersi in cosa consista un front office e di cosa si occupi in una franchigia NBA.
Se siete fra questi ultimi non preoccupatevi, arriviamo subito in vostro soccorso. Se invece sapete bene di cosa si tratta, beh siete nel posto giusto perché 40 dirigenti dell’NBA hanno votato qual è il miglior front office di tutta la Lega e state per scoprire qual è.

Cos’è un front office

Partiamo dall’inizio, ovvero da ciò di cui si occupa un front office NBA.
In poche parole, il front office (FO) consiste nella dirigenza della franchigia e si occupa della costruzione di una squadra con tutto ciò che orbita attorno ad essa: lo scouting dei giocatori, il reclutamento, la negoziazione dei contratti, la gestione di tutto quello che può esserci da gestire nella giornata di una franchigia NBA. Non solo per quel che riguarda la prima squadra, ma anche per le quelle affiliate come ad esempio i team militanti in G-League.
Al suo interno possono esserci diverse figure, alcuni che si sentono più spesso mentre altre meno e la cui divisione dei compiti dipende in realtà dalle diverse franchigie. A grandi linee, però, al suo interno si trovano sempre la figura del General Manager, del Direttore delle “Basketball Operations”, un Presidente, un Vice Presidente e assistenti vari.

Le modalità di voto

Per scoprire quale sia il miglior front office della lega, The Athletic ha lanciato un particolare sondaggio all’interno della lega stessa, chiedendo a 40 dirigenti da tutte le franchigie di stilare una personale classifica di quelli che secondo loro sono i cinque migliori FO, ponendo come unica regola l’impossibilità di votare per sé stessi.
Con questa classifica venivano assegnati dei punti ad ognuna delle squadre inserite, proprio come avviene per l’elezione dell’MVP. Nella valutazione, però, sono state prese in considerazione anche le dimensioni dei mercati e i vari vincoli di proprietà, seppur ognuna delle dirigenze potesse adottare i propri criteri di valutazione.
Onde per cui, la vittoria di questo “titolo” non è dipesa dalle vittorie sul campo, come ci si sarebbe invece potuti aspettare, ma dall’abilità di saper costruire una squadra valida anche in maniera lungimirante.

Il miglior front office

In maniera non proprio inaspettata, ma tantomeno imprevedibile, a vincere sono stati -anche in maniera piuttosto netta- gli Oklahoma City Thunder, guidati dalla geniale mente di Sam Presti, general manager della squadra già dai tempi dei Seattle Supersonics (prossimi al ritorno in NBA? Ne abbiamo parlato qui).
Presti, che è cresciuto a San Antonio sotto la guida di Popovich e Buford (attualmente amministratore delegato degli Spurs), è colui che era riuscito a creare i Thunder del trio Durant-Harden-Westbrook solamente grazie al draft, creando uno dei trio più forti quanto meno degli ultimi vent’anni, capace di arrivare alle NBA Finals senza però riuscire a vincere il titolo.
Adesso, a poco più di 10 anni da quelle Finals, Oklahoma sembra avere di nuovo le carte in regola per raggiungere quel traguardo, pur avendo il roster più giovane di tutta l’NBA, garanzia anche di un futuro roseo.
Presti ha il merito di avere creato, sia con gli scambi che con le scelte al draft, una squadra piena di talenti – Shai Gilgeous Alexander e Chet Holmgren per fare due nomi – mantenendo allo stesso tempo fra le 9 e le 15 scelte al primo giro nei prossimi 7 draft (e fra le 21 e le 27 al secondo giro) conquistando così 354 punti in questa classifica, che gli soon valsi il titolo di miglior front office di tutta l’NBA.

Sul podio del miglior front office

Seguono in classifica, perché quello che conta in fin dei conti è vincere, i Boston Celtics. Alla guida dei campioni NBA c’è l’ex allenatore Brad Stevens, che in questi anni ha più volte dato prova del suo talento, culminato con la vittoria del titolo dello scorso anno.
Stevens ha preso le redini del lavoro di Danny Ainge, che ha messo in piedi il core su cui si basa oggi la squadra con Jayson Tatum e Jaylen Brown, attorno a cui Stevens ha costruito il perfetto sistema per vincere. Fra i nomi che Stevens ha portato in maglia biancoverdi risaltano sicuramente quello di Holiday e Porzingis, ma i tifosi di Boston devono ringraziare il loro gm anche dell’arrivo di Al Horford e Derrick White, altre pedine fondamentali per la vittoria del titolo dello scorso anno.
Questo lavoro da parte di Brad Stevens, assieme anche al “president of basketball operations” Mike Zarren e gli assistenti general manager Austin Ainge e Dave Lewin, gli sono valso sì il titolo, ma anche il secondo posto in questa particolare classifica.

Sul gradino più basso

A chiudere il podio della classifica del miglior front office di tutta l’NBA i Miami Heat con 114 punti, contro i 250 dei Celtics. Miami è guidata ormai dal 1995 dallo storico Pat Riley. Come lui, anche gran parte del suo team è nell’organizzazione da anni e ha quindi appreso la famosa Heat Culture che negli anni li ha portati a vincere 3 titoli e a competer per il titolo anche senza team stellari, come alle Finals di Orlando del 2020 e nel 2023, quando hanno perso di nuovo alle finali sotto i colpi di Jokic e i suoi Nuggets.
Tassello imprescindibile del sistema degli ultimi anni dei Miami Heat è coach Spoelstra, sul quale gli Heat si appoggiano per costruire una squadra che possa competere per i posti a cui gli Heat sono abituati.
A testimonianza del fatto che gli Heat non ruotino attorno ai giocatori ma alla loro organizzazione e coach Spo, è notizia della scorsa settimana che i Miami Heat sono aperti alla partenza di Jimmy Butler.

 

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