NBA, semifinali di Conference: quando Gara 7 diventa magia

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Uniche, emozionanti, appassionanti, come altro descriverle? Gli aggettivi non bastano per parlare appieno delle emozioni trapelate da Gara 7. L’incontro decisivo ha risolto due delle quattro semifinali di Conference all’ultimo secondo di gioco.
Portland contro Denver da una parte, Philadelphia contro Toronto dall’altra. Gli incontri della serata di NBA appena passata hanno decretato le rivali di GS e Milwaukee nel cammino verso le Finals. I Trail Blazers e i Raptors trionfano in partite al cardiopalma che raccontano la vera essenza di questo sport ai suoi massimi livelli.

SOGNI PER DENVER…

L’ultima semifinale della Western Conference contrappone Denver e Portland. Le due sorprese dell’Ovest hanno dato vita sin qui a una serie giocata a ritmi non altissimi. Le premesse per questa Gara 7 potevano far pensare un’inversione di tendenza rispetto a quanto visto finora sul piano dell’intensità sul parquet. Entrambe le squadre si affidano in partenza al carisma e alla leadership dei propri campioni. Denver, del resto, ha saputo trovare in Jokic un silenzioso leader che non ha risentito fin qui della tensione all’esordio ai Playoff.

Tra le tante doti di Jokic, c’è quella di essere in grado di abbassare la temperatura ogni volta che c’è della tensione. Arriva lui e tutti riescono a rilassarsi -sottolinea coach Malone- I tifosi di Denver sono entusiasti non solo per il prossimo obiettivo da raggiungere e le finali di Conference a un passo, ma anche pensando al futuro. Jokic e tutti i compagni rappresentano non soltanto il futuro, ma anche il presente dell’NBA.

Feb 3, 2018; Denver, CO, USA; Denver Nuggets center Nikola Jokic (15) in the third quarter against the Golden State Warriors at the Pepsi Center. Mandatory Credit: Isaiah J. Downing-USA TODAY Sports

La fluidità e la sicurezza nella manovra dei Nuggets a inizio gara sono direttamente proporzionali all’insicurezza dei Blazers. Comincia bene la squadra di casa, trascinata dalle incursioni al ferro di Harris e dall’attitudine al gioco di Jokic: imbarazzante quanto questo giocatore faccia sembrare l’improbabile a realizzarsi facilmente fattibile. Il suo gioco di perni a 50 secondi dalla fine del primo quarto è degno d’applausi nonostante il tentativo sia effettivamente fallito. 29 punti, 13 rimbalzi e 2 assist nella sua serata. Su tutti sono stati probabilmente i suoi mancati assist il deficit più importante nella serata di Denver.

Portland dall’altra parte fatica molto a fermare le iniziative dei due e, in generale, a trovare il giusto ritmo partita per far partire di fatto la propria gara. Troppo deconcentrati in difesa gli ospiti e in attesa dell’ingresso effettivo nel match di Lillard. La strada per i Blazers si complica non di poco sul finire del primo quarto, col rischio di essersi scavati una fossa come in Gara 5. Un baratro, quello, dal quale non sono stati in grado di risalire.

Nel secondo quarto a musica non cambia: troppo facile l’iniziativa offensiva per Denver, troppa fatica invece per Portland nel dare intensità e determinazione alle proprie fasi di gioco. La fisicità di Jokic e compagni, in particolare, ha messo in difficoltà gli ospiti nella prima fase di gioco. Un’azione su tutte descrive l’andamento dell’incontro nei primi 15 minuti: tentativo difensivo di Collins, che si butta su Plumlee commettendo fallo, il quale riesce nella schiacciata. Lo step back di Lillard rientrato nel secondo quarto non sblocca la situazione e McCollum è l’unico di Portland che cerca di tenere un ritmo partita convincente contro la prestazione di Denver. Dinamica, tanto spettacolare quanto concentrata e ponderata, come c’era da aspettarsi. Il demerito principale dei padroni di casa, tuttavia, è stato il mancato killer instinct a chiudere fin da subito l’incontro. Un fattore decisivo, costato caro ai Nuggets nell’economia del loro incontro.

…GLORIA PER PORTLAND

Il mancato affondo di Denver nel primo tempo ha tenuto in vita le speranza di rimonta di Portland. Fievoli ma presenti, che si sono concretizzate nel secondo tempo. Le giocate al ferro vincenti di Jokic a inizio ripresa fanno presagire a un andamento simile al primo tempo. Ma non è così. Lo sprint di McCollum a superare la marcatura di Milsap riapre di fatto l’incontro nel terzo quarto, portandosi a -7 al time out.
L’impostazione dell’incontro dei Blazers è chiara: Mcollum e compagni cercano di tenere a galla l’incontro in attesa del decisivo ingresso in campo di Lillard in partita. L’elemento chiave della serata, oltre che la riscossa di Portland, è stata senza dubbio l’involuzione di Denver, in particolare nel raddoppio sugli inserimenti avversari. Un fattore che, unito alla straordinaria prestazione difensiva di Collins, spalanca le porte alla rimonta di Portland.

Ancor più nel dettaglio, l’indolenza crescente di Jokic, i continui errori al tiro di Murray nel terzo quarto e l’ingresso di Meyers Leonard sono stati elementi decisivi al capovolgimento dell’incontro, portando gli ospiti dopo 33 minuti al primo vantaggio della propria gara (71-70).
La tensione di Gara 7 è palpabile dai pochi tentativi dalla distanza da parte delle due squadre e dai diversi errori visti fin qui. Una cosa appare chiara: riuscirà chi sarà in grado di andare oltre l’errore. L’involuzione di Denver non si ferma neppure nell’ultimo quarto, coi Nuggets che perdono minuto dopo minuto determinazione al tiro. La superiorità al rimbalzo di Portland e la tripla di Lillard a quarto inoltrato portano i Blazers addirittura sul +5, costringendo i padroni di casa all’ennesimo time out.

Mcollum è senza ombra di dubbio il vero eroe dell’incontro: suo il merito di aver tenuto a galla i suoi nella prima metà di gara in attesa dell’ingresso in campo di fatto di Lillard. Dall’altra parte tanti, troppi errori per Denver. Canestro dopo canestro si delinea una rimonta che ha dell’incredibile. Certe volte, infatti, la decidono giocatori che non ci si aspetta. Perchè oltre alla magistrale prestazione di McCollum (37 punti, 9 rimbalzi e 1 assist), un Collins e un Evan Turner così non se lo aspettava nessuno. Una rimonta pazzesca quella degli ospiti, che va a braccetto col tracollo di Denver. Dal +17 maturato nel primo tempo al 100-96 finale, nel segno di una finale di Conference che unirà il destino dei fratelli Curry.

TRIONFO RAPTORS

Un trionfo spettacolare. La serata in quel di Toronto racconta di questo e molto altro. Il fascino di Gara 7, del resto, è quello di riassumere in 48 minuti il destino di un’intera stagione per due squadre. E nel caso di ieri sera, in pochi attimi, in poche giocate, le ultime e decisive. Specie se decise così, da un canestro alla sirena.
Le premesse raccontano di una serie equilibrata dall’esito finale incerto. Il teatro della Scotiabank Arena decreterà l’avversario di Milwaukee alle finali di Conference.

La partita si mette fin da subito sui binari giusti per i padroni di casa, guidati da un Leonard ispirato come non mai conducono l’incontro per tutto il primo quarto, portandosi sul 18-13. Dodici minuti frenetici e intensi, degni di Gara 7. L’equilibrio domina la scena di questa Gara 7, così come la tensione sul parquet. Nella prima parte del secondo quarto, spinti dal solito Leonard e da un Ibaka in grande condizione (17 punti e 8 rimbalzi per lui) i Raptors cercano di allungare sugli avversari, portandosi a più riprese sul +8, ma i Sixers hanno il merito di rimanere in gara. Il fattore squadra ha fatto la differenza fra le fila di Philadelphia, col quintetto di partenza tutto in doppia cifra. Su tutte spiccano le prestazioni di Embiid (21 punti, 11 rimbalzi e 4 assist) e Redick, senza però veder emergere un vero leader.

Nel terzo quarto emerge l’orgoglio degli ospiti. La finta di tiro dalla distanza di Embiid e la tripla di Redick  (17 punti, 4 rimbalzi e 3 assist) rappresentano il primo vantaggio del team di coach Brown. Continui i capovolgimenti di punteggio, con le due squadre a contendersi la leadership dell’incontro. Gli interventi difensivi di Phila, poi, sono efficaci solo in parte. Su tutti quello di Embiid sul tentativo al ferro di VanVleet: stoppata vincente, certo, ma sul pallone vagante si avventa un Ibaka opportunista, che conclude a canestro. Un incontro più che mai incerto nell’ultimo quarto, dove due elementi hanno dominato.
Il primo è senza dubbio la mancanza di disciplina nella manovra offensiva. I Sixers, infatti, rimangono a secco per tre minuti, perdendo palloni anche per infrazioni dopo 24 secondi. Il secondo è stata la mancanza di un vero protagonista fra le fila degli ospiti, una figura in grado di trascinare i compagni con una giocata decisiva. Un elemento che di certo non è mancato a Toronto.

MONUMENTALE LEONARD

Il vero protagonista di Gara 7 di Toronto ha un solo nome. Kawhi Leonard, reduce dalla sua partita migliore fra le fila dei Raptors e, probabilmente, nella sua carriera. Almeno finora verrebbe da aggiungere, visto il potenziale da Campione vero.
L’intervento pulito sulla palla a rubarla dalle mani di Embiid per poi lanciarsi verso il ferro e schiacciare descrivono l’attitudine della sua serata, degna di Gara 7. Che sia nell’1 contro 1 o dalla distanza la musica non cambi. Se serviva l’ennesima conferma questa è arrivata: Toronto ha trovato il suo vero leader in lui. 41 punti, 8 rimbalzi e 3 assist nella sua serata. Ma non solo, sarebbe troppo riduttivo limitarsi ai numeri.
È suo il tiro della vittoria all’ultimo secondo giocabile, quando il tabellone mostrava ancora il punteggio di 90-90. Il buzzer beater di Kawhi Leonard è entrato nella leggenda nel momento stesso in cui ha cominciato a rimbalzare sul ferro. Un pallone a decidere il destino di due squadre. Il primo buzzer beater della storia a decidere una Gara 7, che decreta la vittoria di Toronto. Chapeau.

Il tiro è stato annoverato dai più come il momento più importante della storia dei Raptors. Al primo anno di militanza in quel di Toronto, per giunta. I Raptors affronteranno adesso i veri rivali della Eastern Conference. Un duello delineatosi fin dagli albori della regular season, quello fra Milwaukee Bucks e Toronto Raptors, verso un sogno chiamato Finals.

 

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