La crudeltà dei playoff è anche questa. In una Eastern Conference competitiva come non si vedeva da anni, la serie tra Sixers e Raptors vedeva scontrarsi due credibili candidate al titolo, due squadre che nel corso degli ultimi mesi avevano cambiato radicalmente pelle, chi per un motivo, chi per un altro, ma entrambe con lo stesso obiettivo: vincere a giugno.
È andata bene a Toronto, male a Philadelphia, ma la differenza è stata un pallone che ha ballonzolato quattro volte sul ferro prima di finirvi dentro, nell’ultimo episodio della serie.
MONETIZZARE IL PROCESS
L’ormai famigerato Process iniziato per mano di Sam Hinkie ha subito una brusca accelerata a febbraio, quando il nuovo GM Elton Brand ha deciso di rimischiare le carte, cedendo in due trade diverse Covington, Saric, Shamet, Chandler e Muscala (più svariate scelte) per acquisire un terzo All-Star come Jimmy Butler e una delle rivelazioni stagionali, Tobias Harris. Assieme a lui, dai Clippers sono arrivati anche Boban Marjanovic, che in stagione regolare ha comunque ben figurato, e Mike Scott, protagonista nei playoff.
L’all-in dei Sixers era chiarissimo, a maggior ragione considerando che sia Butler che Harris hanno il contratto in scadenza a fine stagione (Butler però ha una player option). Gli unici big confermati sono Embiid e Simmons.
Sicuramente, se già vincere è difficile, farlo con tanti giocatori nuovi in squadra, che si devono conoscere e capire come giocare assieme, lo è molto di più.
Il quintetto base dei Sixers (quello con i top, per intenderci) ha giocato solo 10 partite in stagione regolare, per un totale di 161 minuti sul parquet, peraltro mettendo a referto statistiche più che positive: 119 di offensive rating, 101 di defensive rating, per un net rating di quasi +18. Nei playoff le cifre sono decisamente migliorate, con un eccezionale 88.5 di def. Rating e un +25 di net rating.
La palla passerà ora alla dirigenza e alla proprietà dei Sixers, che deve decidere se confermare un nucleo che, nel poco tempo a sua disposizione, ha fatto capire di poter essere tranquillamente una squadra da corsa, pagando un prezzo piuttosto salato di luxury tax garantendosi però la possibilità di contendere anche nel futuro prossimo.
Butler si è rivelato davvero fondamentale, prendendo in mano la squadra in entrambe le fasi di gioco. In attacco, complici i malanni di Embiid e il mediocre rendimento di Simmons, ha giocato da top player qual è, rendendosi anche utile come portatore di palla (oltre il 32% dei suoi possessi offensivi lo hanno visto condurre un pick and roll palla in mano). In difesa si è alternato a Lowry e Kawhi, tenendoli al 28% e 42% dal campo. Butler è sicuramente un giocatore capriccioso e complicato da gestire, ma forse in molti si scordano di che giocatore sia. Questi playoff hanno tolto ogni dubbio e lo hanno ricordato a tutti.
Meno bene, invece, Tobias Harris, che ha visto calare le sue percentuali al tiro, comprese quelle relativi ai tiri open e wide open, convertiti solo con il 28.6% e 34%.
SU CHI PUNTARE?
Philadelphia è attesa da un’estate molto importante per il proprio futuro, un’estate di valutazioni. In questi playoff l’attacco ha spesso faticato, tolto dalle secche dal talento di Butler e qualche buona partita di Embiid. L’impressione è che non ci sia spazio per tutti tra il camerunense, Simmons e Butler, e che qualcuno dei tre vada sacrificato.
Puntare solo su Embiid è un grosso rischio, visti i problemi fisici di cui soffre dal suo ingresso della Lega e che lo hanno accompagnato, seppur in misura certamente minore, anche quest’anno. Simmons è finora un grosso punto interrogativo. Il talento dell’australiano è innegabile ed è davvero presto per emettere giudizi definitivi su un giocatore di neanche 23 anni al suo secondo anno in NBA (tra l’altro impreziosito da una convocazione per la partita delle stelle). Come diceva Doris Burke in telecronaca, però, quello che Simmons deve fare è tornare a settembre con un jumper, se non affidabile, quanto meno utilizzabile. Il suo gioco è estremamente prevedibile a livello di playoff, soprattutto a difesa schierata, e né Phila né tantomeno lui si possono permettere che il suo gioco ristagni a questo stadio.
Negli ultimi giorni è emersa una notizia, che per eleganza definiremo boutade, di un ipotetico scambio con LeBron e Simmons come attori principali. Tralasciando il fatto che sia una sciocchezza e volendo parlare di aria fritta, non vedo un fit peggiore dei Lakers, una squadra con enormi problemi al tiro, per Simmons, un giocatore che si rifiuta di tirare.
Fino ad oggi, il front office dei Sixers ha avuto grande pazienza nel costruire la squadra dalle fondamenta (di qualità scadente a dir poco) fino al risultato finale o quasi. La stessa pazienza deve usarla adesso per capire che il roster è valido e va confermato per la maggior parte, per puntare al bersaglio grosso anche negli anni a venire.