NBA, Kerr, Miami Heat e Dallas Mavericks: tre esempi di “Culture” nello sport

Nel mondo dello sport e del business, la "Culture" è fondamentale. Esploriamo come Steve Kerr, i Miami Heat e il caso Dončić dimostrano l'importanza di valori condivisi e leadership autentica per costruire un team vincente

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Steph Curry
Credits Ipa Agency

Nel panorama dello sport moderno, forse nessuna parola è diventata più venerata, radicata e abusata di “Culture”. Viene pronunciata in ogni conferenza stampa di presentazione, elogiata e citata dopo le grandi vittorie e sottolineata da allenatori, dirigenti e giornalisti. Un articolo di The Athletic a cura di Rustin Dodd analizza il lavoro di due ricercatori della Harvard Business School: Amy C. Edmundson e Spencer Harrison:

Definizione di Culture

Nella sua essenza, una Culture è un insieme di valori fondamentali collettivi che guidano la missione, le priorità e il processo decisionale di un’organizzazione. Sono le idee condivise su ciò che conta e ciò che funziona che modellano il comportamento in assenza di regole formali.

Ma come si instilla?

Spencer Harrison che tratta formazione specifica per i leader afferma che a molti di questi non è mai stato trasmesso o insegnato un metodo, sanno per esperienza che esiste un elemento, quasi indefinibile, che influenza il comportamento delle persone”

Per Edmundson  professoressa di leadership e management, lo sviluppo di un’identità comune si basa su un programma di allenamento 24 ore su 24 che abbia tre pilastri :

  • Una chiara proposta di valore che afferma perché l’organizzazione esiste e qual è il suo scopo. Esempio: Harvard è una scuola che esiste per educare i futuri leader.
  • Un sistema per realizzare tale scopo (Esempio: programmi di formazione e attrezzature, ad esempio).
  • Una visione definita.

Edmundson ed Harrison hanno redatto nel 2020 un case history per aiutare i leader aziendali nel trovare la propria filosofia avente per soggetto Steve Kerr ed i Golden State Warriors:

Kerr e il maestro Pete Carroll

Lo studio analizza i mesi successivi all’assunzione di Kerr come allenatore dei Warriors nel 2014, quando per prepararsi alla prima esperienza come head coach, l’ex giocatore dei Bulls andò a Seattle per seguire gli allenamenti degli Seahawks, allora campioni in carica NFL, guidati da Pete Carroll.

Durante la visita, Carroll chiese a Kerr come intendesse allenare la sua squadra. Kerr preso alla sprovvista la considerò una domanda sul tipo di gioco o attacco che voleva sviluppare ma Carroll non intendeva questo, bensì confidò che per avere successo, un allenatore deve avere valori fondamentali che prendano vita ogni singolo giorno e con i quali i giocatori si possano connettere veramente.

Quando Kerr arrivò ai Golden State, identificò dunque quattro valori fondamentali attorno ai quali costruire la sua culture: gioia, competizione, compassione e consapevolezza: gli sembravano autentici.

La sfida per un allenatore o un leader aziendale diventa dunque trovare il modo di far incarnare questi valori alle persone negli spazi in cui si crea la culture: sale riunioni, strutture del team, interazioni quotidiane.

La Heat Culture ed il caso Butler

Jimmy Butler

Atro esempio analizzato da Spencer Harrison è quello dei Miami Heat e di Jimmy Butler. La Heat Culture è ormai un vero e proprio brand del team stesso, iniziato quando Pat Riley, dapprima allenatore e poi come presidente ha trasformato la squadra in una contender delineando i suoi valori fondamentali in termini chiari: Lavoro duro, atletismo, professionalità, altruismo, tenacia e cattiveria!

Inizialmente, l’ambiente dei Miami Heat sembrava perfetto per Jimmy Butler. L’altissimo livello di competitività del giocatore trovò terreno fertile nei principi della Heat Culture, permettendogli di eccellere. Il rapporto tra Butler e la squadra fu così positivo che gli Heat iniziarono a concedere alla star alcune agevolazioni, come viaggiare e alloggiare separatamente durante le trasferte. Tuttavia, col tempo qualcosa si ruppe, portando a numerosi contrasti, sospensioni e infine al trasferimento di Butler ai Golden State Warriors..

jimmy butler warriors

Big C e Small C

Come si è arrivati a questa rottura in un ambiente così radicato nella propria filosofia di squadra?

Per Harrison ci sono due tipologie di costruzioni di Culture: Una “Big C” che consiste nell’insieme dei valori condivisi e tramandati dall’alto, e una “Small C” ossia le interazioni quotidiane; La Culture perfetta è composta del giusto mix di entrambe le C .

Attualmente le aziende che si basano su una Small C risultano le più creative ed innovative mentre nei casi di forte Big C, come a Miami, la storia e la tradizione possono soffocare le spinte di Small C, portando a una cultura statica e poco adattabile ai cambiamenti.

Di contro un organizzazione con una Big C debole, con pochi valori dichiarati o una mission espressa male, si ritrovano spesso alla deriva e usano la culture come capro espiatorio per qualsiasi cosa vada male, da un’acquisizione fallita a un’iniziativa strategica andata male. Ne è l’esempio sportivo l’inaspettata quanto sorprendente e frettolosa trade che ha coinvolto Luka Doncic ed i Dallas Mavericks dove Harrison (Nico in questo caso, non il professor Spencer) si è trincerato dietro una fantomatica Culture di squadra e il latente impegno di Luka che avrebbe potuto minare tutto l’ambiente texano nel caso di permanenza duratura.

In astratto, poteva anche essere una spiegazione plausibile. I Mavericks, secondo The Athletic, erano preoccupati per la condizione fisica e le abitudini fuori dal campo di Dončić. Ma siccome la loro culture non è mai stata dichiarata secondo Spencer Harrison,  questo può essere rapidamente visto come non autentico e ritorcersi contro.

Anthony Davis (Dallas Mavericks)
Credits Ipa Agency

Strenght in Numbers

Tornando all’analisi su Steve Kerr,  all’inizio della sua esperienza con Golden state ha coniato un motto inciso dapprima su una lavagna e poi ben impresso nelle pareti delle strutture di allenamento e di gioco: “Strenght in Numbers”

Ma se gran parte della costruzione di una Culture rimane sempre intangibile, Perché alcuni allenatori si connettono e altri no? Perché alcuni leader sembrano autentici e altri no?

Per Kerr la “magia” succede in allenamento: tutto ciò che i giocatori provano quando entrano in palestra o in campo, ogni giorno.. deve essere reale. Se i valori importanti per un allenatore/leader prendono vita, così si delinea una Culture. Quando i giocatori la respirano e sentono l’autenticità che viene dal proprio leader prendere vita in allenamento e nell’atmosfera, allora c’è qualcosa di vero. A Kerr piace raccontare come struttura i suoi allenamenti. Indipendentemente da ciò che i Warriors stanno facendo quel giorno, l’head coach cerca di rendere ogni esercizio e ogni attività una competizione. L’obiettivo riflette uno dei suoi valori fondamentali(vedi alcuni paragrafi sopra), e Kerr spera si trasmetta ai suoi giocatori.

Ma c’è un’altra ragione per cui la storia dei Warriors funziona: cioè che Kerr la racconta.

Dopo anni di ricerca, Spencer Harrison crede infatti che uno dei modi migliori per creare una culture sia attraverso la narrazione. U_n processo da lui nominato “Hansel e Gretel-ing al contrario” . Quando cioè un’azienda che ha una storia da raccontare su se stessa, fornisce una specie di una mappa da seguire per apprezzarne l’evoluzione. Capita così per aziende di successo com Hewlett-Packard, fondata in un garage e che ha usato la storia delle umili origini per mantenere il suo pathos di grande innovatrice, o per team sportivi che hanno riscritto la storia del gioco come i Golden State Warriors.

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