Che gli Atlanta Hawks volessero provare a diventare la versione Est dei Warriors si era già intuito la scorsa stagione. Le scelte di Trae Young e Kevin Huerter avevano messo in mostra la volontà della dirigenza di costruire la squadra attorno al tiro da fuori: la verità è che, nel giro di una stagione e una manciata di partite, probabilmente Atlanta ha trovato molto di più, in particolare grazie a quel favoloso giocatore che corrisponde al nome di Trae Young.
EREDITÁ PESANTE
La sua straordinaria stagione collegiale 2018 ha scatenato paragoni tanto prematuri quanto automatici proprio con Steph Curry, con cui Young condivide, se non (ancora) il talento, almeno lo stile di gioco. Per tutto il suo ultimo anno di college, sui social impazzavano highlights delle sue giocate, che riproducevano fedelmente quelle del play degli Warriors (seppur ad un livello infinitamente più basso, chiaro).
Il primo dubbio ad instillarsi nelle menti di appassionati e addetti ai lavori ha riguardato la sua adattabilità al contesto NBA, dove il gioco è infinitamente più fisico: non è un caso che, nell’ultimo anno a Oklahoma, Young abbia faticato maggiormente contro college meglio attrezzati che gli hanno tolto la libertà di giocare come sapeva, mettendogli alle calcagna difensori più grossi fisicamente.
Il suo fisico esile (lo è ancora oggi) veniva compensato da una visione di gioco nettamente sopra la media, che faceva ben sperare in vista dell’approdo al piano di sopra.
Gli Hawks, però, sono sembrati tutt’altro che intimoriti da un prospetto così polarizzante, tanto da preferirlo ad un potenziale giocatore generazionale come Luka Doncic, scelto proprio da Atlanta alla numero tre, ma subito spedito a Dallas in cambio di Young, scelto alla cinque dai Mavs.
SPALLE LARGHE
Già nei primi mesi della sua stagione da rookie, Young ha dimostrato di essere più di un tiratore, anzi. Le statistiche al tiro non sono state neanche esaltanti (32% su 6 tentativi), ma è anche vero che spesso i tiri che si è preso avevano un coefficiente di difficoltà notevole: di media, oltre tre tiri dei sei che si è preso ogni sera nel suo anno da rookie, sono stati lanciati dopo 3-7 palleggi, non la ricetta per il successo, a meno che tu non sia un attaccante di livello superiore.
Questa stagione, invece, le cose stanno andando diversamente. Bisogna premettere che il campione di partite è piccolissimo, e le percentuali ovviamente caleranno; tuttavia, stiamo parlando di un 45.5% di conversione nelle triple lanciate dopo 3-6 palleggi, e il 62.5% in quelle dopo 7 o più palleggi. Dati irreali, appunto, che si normalizzeranno. Quel che si vuole dimostrare è che Young non ha smesso di giocare come sapeva al college solo perché il valore degli avversari si è alzato.
Evidentemente, Ice Trae non ha risentito più di tanto del migliorato livello di competitività e fisicità, come testimoniano le percentuali nei pressi del canestro. Lo scorso anno, Young ha tirato con il 53% abbondante nella restricted area, mentre in questo inizio di stagione è fermo al 46%, ma, come detto, la stagione è appena nata. Tra l’altro, Young ha sviluppato un efficace floater che usa per battere i lunghi che presidiano il canestro evitando guai nei pressi del ferro: in questo inizio di stagione, la “lacrima” è il secondo tipo di tiro più tentato da Young dopo, ovviamente, il jumper dal palleggio.
PICCOLO NASH
Il titolo è ovviamente iperbolico, ma Young ha dichiarato più volte di ispirarsi a Curry e Nash, con cui peraltro ha avuto l’occasione di allenarsi nell’estate appena trascorsa.
Nash deve avergli insegnato a non smettere mai di palleggiare finchè non si verifica una qualche opportunità di passaggio, come il taglio di Reddish e Hunter nei casi di cui sopra.
Il numero 11 degli Hawks è quinto in NBA per frequenza di utilizzo del pick and roll (55%), situazione in cui segna 1.07 punti per possesso, 14esimo miglior dato in NBA.
Young sa manipolare il difensore nella tasca, fingendo di aspettare un taglio del compagno, “congelandolo” e poi colpendo con un floater quando il marcatore si avvicina a canestro per impedire il layup; oppure servendo direttamente un compagno in più modi. Le palle perse non sono poche, quasi 5 di media, ma niente di tragico per un ragazzo di 21 anni con il 38% di usage rate.
Per fortuna sua e degli Hawks, la scavigliata contro Miami non ha prodotto danni consistenti, tanto che – è stato detto – se gli Hawks fossero stati impegnati nei playoff, Young sarebbe comunque sceso in campo. A maggior ragione ora con la squalifica per doping di John Collins, gli Hawks non possono fare a meno di quello che è ormai a tutti gli effetti il loro giocatore franchigia. Del resto, nonostante la giovane età, Young è già sotto i riflettori da alcuni anni, ma questo non sembra aver minimamente intaccato il suo rendimento, a prescindere dal contesto.