Sul ruolo della famiglia Polonara in questi mesi: “Ai miei figli non ho detto nulla, sono molto piccoli, non si rendono mai a riconto di quello neanche di quello che ho avuto naturalmente. Il più piccolo ha 14 mesi, la grande ha 3 anni però di solito non viene alle partite. Non si sono neanche accorti di quello che ho avuto: solo negli ultimi giorni che mi hanno visto con questo nuovo taglio di capelli ho dovuto spiegare che non è che me li sono voluti tagliare così ma è stato un problema che papà ha avuto, ricresceranno… Essendo così piccoli forse meglio così, che non abbiano capito cosa ho avuto, perché almeno non devi spiegare situazioni complicate che magari non sai se riescono a capirlo […] La vita di mia moglie, fino a quando ha smesso, è stata il judo.
Doveva fare le Olimpiadi nel 2012 a Londra, dopo la terza operazione alla spalla il dottore le ha detto “Non c’è più niente da fare, continuerà a uscirti anche se non fai sport”: non poteva fare uno sport così fisico, sarebbe troppo pericoloso continuare. Quindi è stata costretta a lasciare tutto nonostante abbia sempre investito tutto il tempo per il judo: lei ora capisce che per me il basket è la mia vita. Però a volte, avendo fatto uno sport individuale, non capisce alcuni meccanismi all’interno di un gruppo di una squadra: a volte ci sono stati scontri.“
Sulla partecipazione di Polonara a Tokyo2020: “Giocare un’Olimpiade è qualcosa indescrivibile, te ne rendi conto una volta che arrivi nella città dove si gioca. Nonostante abbiamo avuto la sfortuna di fare un’Olimpiade a porte chiuse, è stata un’esperienza incredibile: ci siamo diciamo qualificati contro la Serbia in Serbia, nessuno se l’aspettava. Forse la finale per qualificarci per Tokyo è stata la più la più grande gioia a livello sportivo che ho avuto. Ricordo che a me arrivarono messaggi e chiamate da gente che non pensavo neanche che avrebbero visto la partita.
[…] Mi colpì molto Djokovic: mangiavamo in questa mensa enorme, erano due piani. Il piano sotto era forse più piccolo, però era comunque sulle 500 persone; il secondo piano era veramente che appena arrivavi salivi la scala mobile e non vedevi neanche la fine. Lui ogni volta che andava a pranzo a cena o a merenda era circondato da centinaia di atleti che volevano fare la foto con lui: ogni volta stava a firmare autografi a fare foto per un’ora e mezza, due ore… Ricordo che era stato super disponibile con tutti, anche io volevo fare la foto con lui ma non glielo ho chiesto. Lo vedevo con questo vassoio in mano, la gente chiedeva una foto o l’autografo, ho detto “Lasciamolo in pace”.
Sulla passione di Polonara lo sport in generale: “Quelli che seguo di più oltre al basket sono calcio e tennis: ho seguito naturalmente le finali di Davis Cup, sono andato a vedere anche una partita del Bologna… Quando posso mi piacerebbe andare allo stadio, ha una bella atmosfera: il Bologna sta facendo benissimo […] Mio padre ha sempre detto sin da quando ero piccolo che sono stato sempre un grande osservatore quando guardavo il basket: ero concentratissimo a vedere ogni movimento dei giocatori, degli allenatori, cercavo di capire le cose che in teoria erano giuste da fare e le cose meno giuste da fare. Anche nel calcio, essendo uno sport di squadra, ci può essere qualcosa che possa essermi di aiuto. Quando vado allo stadio cerco sempre di guardare la partita in modo attento.“
Cosa fa Polonara quando non si allena? “Avendo due bambini faccio il papà: è come fosse un secondo lavoro! Passare il tempo con i piccoli è bello: anche semplicemente accompagnarli a scuola, portarli al parco, passare il tempo con loro, vederli crescere… Mi ricordo il giorno in cui il piccolo ha iniziato a camminare: ho iniziato a piangere, non sono una persona troppo sensibile, fa capire che passare ogni giorno con loro è emozionante.”
Sulla scelta del nome della prima figlia (Vittoria Polonara, ndr): “Ha un significato bello: vorrei farle capito tutto, un bel discorso. Vorrei spiegarle anche che mia moglie non la voleva chiamare così: nonostante sia innamorata della città di Vitoria, non le piaceva molto come nome in sé per sé, alla fine sono riuscito a convincerla.“
Sul post ritiro di Polonara: “Una volta che smetterò di giocare a basket non credo che rimarrò nell’ambiente: la pallacanestro è sempre stata la mia vita, continuerò a vedere partite, ma non credo che sia la stessa cosa farlo da dirigente o da allenatore. Non credo di rimanere all’interno della pallacanestro: questi ultimi anni che gioco voglio vincere più trofei possibili e di togliermi più soddisfazioni possibili con la maglia di Bologna e quella della Nazionale […] L‘unica cosa che posso dire è che quando appenderò le scarpe a chiodo spero di dire “Ho dato tutto per questo sport, mi sono divertito”.