Scariolo: “La differenza è il livello della gestione” – TRADUZIONE

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Scariolo
Foto S.Ponticelli / Ciamillo-Castoria

La situazione contingente non ci sta, più che legittimamente, consentendo di godere delle visioni e del pensiero di Sergio Scariolo attraverso canali mediatici. Non sul rapporto ancora in essere tra la Virtus Bologna e il 62enne coach bresciano ma su sostanzialmente tutto il resto del panorama cestistico si è concentrata una lunga intervista di Scariolo a Basketnews (qui la versione completa, in inglese). Riportiamo in seguito i passaggi che riteniamo più significativi, ovviamente tradotti, della prima parte delle parole rilasciate a Mindaugas Bertys.

Sulla pausa dalla gestione quotidiana di una squadra:

Dal punto di vista cestistico, ho la possibilità di studiare di più, di analizzare di più, di guardare gli allenamenti, di guardare le partite di diverse competizioni, non necessariamente legate alla partita da preparare, che è fondamentalmente il limite che abbiamo come allenatori quando alleniamo una squadra di club durante la stagione. Ho la possibilità di fare cose con la mia famiglia e seguire mio figlio che gioca o mia figlia che studia a Madrid o passare del tempo con mia moglie. Un sacco di cose che onestamente mi sto godendo, anche se ho un crescente desiderio di tornare con una squadra di club la prossima stagione.

Onestamente, questa volta è stato qualcosa che ho sentito come diverso. Non molte persone l’hanno effettivamente fatto. Non perché io sia un eroe o qualcosa del genere, ma perché devi dedicare più tempo e più sacrificio, e più duro lavoro, il che è positivo, perché fai ciò che ami e ami ciò che fai. Allo stesso tempo, stai invecchiando e a un certo punto è il momento di fare una pausa per respirare un po’. Non per prendermi una pausa dal basket, ma prendermi una pausa dall’allenamento praticamente 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per 12 mesi.

Sugli inizi da assistente di Riccardo Sales alla Scavolini Pesaro:

Riccardo Sales è stato il mio padre cestistico. Mi ha scoperto in una piccola squadra a Brescia. Mi ha portato nella squadra di prima divisione della città come assistente. Ho allenato nel settore giovanile e mi ha aiutato molto. Ero molto giovane, e lui mi ha davvero dato le prime lezioni, a volte anche dure: allora era quello che serviva, qualcuno che potesse insegnarti fin dall’inizio che l’etica è una parte davvero importante di qualsiasi professione. Anche nello sport, anche nel basket, a volte sembra che l’etica non sia così importante. Questo è sbagliato. Ho sviluppato una forte abitudine etica, un principio, un’abitudine.

Sul confronto con Pat Ewing al Mc Donald’s Open e sul confronto tra squadre europee ed NBA: 

Quello è stato in realtà il mio secondo McDonald’s Open. Ne avevo avuto uno come assistente allenatore a Madrid e come assistente allenatore di Valerio Bianchini alla Scavolini. È stata una bella esperienza, ma quella di sicuro a Barcellona è stata come essere in una favola. Sono stato il primo a portare una squadra NBA ai supplementari. Un po’ di rimpianto ce l’avevamo: eravamo in vantaggio di 3 a 10″ dalla fine, potevamo fare fallo. Allora si assegnavano 2 tiri e non 3 anche dopo un fallo su tripla: abbiamo avuto la possibilità di batterli ma eravamo cotti nei supplementari. I nostri americani, Darwin Cook e Darren Daye, avevano giocato 42′, non eravamo abituati a questo. Erano stanchi da morire. Avevano problemi muscolari, crampi.

Altre squadre l’hanno fatto, ma quella è stata la prima in assoluto in cui negli USA la gente ha avuto la sensazione che qualcosa stesse per accadere. La gente non era preparata. Si percepiva il nervosismo e la tensione nell’arena. È stata un’esperienza fantastica. All’epoca, l’NBA era completamente lontana dal saper attaccare una zona, e ha funzionato. Ha funzionato anche in altri momenti della storia della pallacanestro. Si è trasformata in una grande risorsa per una squadra di livello inferiore per cercare di competere contro una squadra di alto livello. C’era Patrick Ewing, ma non solo. Anthony Mason, Charles Oakley, Mark Jackson, Gerald Wilkins, John Starks. Era una squadra infernale. Certo, loro erano in preseason, e noi eravamo già in una fase piuttosto avanzata della stagione: questo è ciò che normalmente fa la differenza quando una squadra europea gioca contro una squadra NBA. In 30 anni, ci sono state alcune volte in cui una squadra europea ha battuto una squadra NBA. Con l’Unicaja Malaga abbiamo battuto Memphis.

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