La conquista del titolo da parte dei Toronto Raptors rappresenta un autentico fenomeno di massa. Una vittoria a tutto tondo di una realtà tanto appassionante nel suo divenire quanto concreta nel trionfare e nel portare sulle strade canadesi migliaia di tifosi.
Una festa del basket, insomma, totalizzante ed entusiasmante, figlia di un lavoro pressochè perfetto a tutti i livelli. Dai protagonisti sul parquet al tifo unico di un “Jurassic Park” infuocato. Passando quindi per la questione panchina. La tattica di Nick Nurse nel porre il teamwork a valorizzare le proprie stelle al primo posto ha dato i suoi frutti. Ma altrettanto importante alla causa è stato senz’altro il lavoro dietro le quinte di Sergio Scariolo, il secondo azzurro della panchina ad aggiudicarsi l’anello oltre a Marco Belinelli nel 2014 con gli Spurs. La prima volta da assistant coach nel pantheon dell’NBA ha portato il sogno di un’intera nazione a diventare realtà. Una vittoria anche di un emigrato dal Bel Paese che ha trovato la sua fortuna più grande. Una vittoria negli USA stavolta made in Canada.
UNA RIVOLUZIONE
La “rivoluzione Raptors” ha letteralmente colpito tutti in Canada. Un movimento sportivo capace di portare una città, Toronto, e un’intera nazione dall’hockey al parquet delle stelle mondiali. Gli occhi visibilmente rossi nel post partita di Gara 6 testimoniano quanto Scariolo stesso si sia fatto coinvolgere e sia stato parte di questa rivoluzione. Il ventaglio di interviste nel post partita descrivono appieno le emozioni provate dal vice allenatore in quello storico momento.
È un’emozione incredibile. Vedere la felicità di gente che ha lavorato duramente per un anno, con l’intensità di una stagione NBA, ti dà la sensazione di lavoro ben fatto e di trovarti a tuo agio. Vincere qui ha una dimensione diversa, visto che ha ripercussioni in tutto il mondo. Soprattutto in Canada, dove dietro di noi c’è l’intero paese.
Un traguardo straordinario, unico nel suo genere. Per la prima volta una squadra certamente non blasonata sulla carta come i Toronto Raptors, compagine tra l’altro non statunitense, conquista l’NBA. E lo decide di fare non di fronte al proprio pubblico ma nella “tana del lupo” in quel di Oakland. In un percorso lungo una stagione che ha visto Sergio Scariolo ritagliarsi uno spazio sempre più importante nello spogliatoio.
La scelta in primis di Toronto non è casuale: una società sempre più ambiziosa che ha deciso ancora una volta di puntare su talenti d’oltreoceano, questa volta sulla panchina. Il ruolo di vice allenatore è stata una nuova sfida per lui: “proporre senza imporre”, questo il nuovo modus operandi di un tecnico che ha sempre fatto del carisma e dell’apporto diretto dalla panchina il suo marchio di fabbrica verso il successo. Ma anche in questo suo ruolo da comprimario ha saputo guadagnarsi il rispetto dei grandi dello sport. Molto solido, del resto, è il suo rapporto con coach Nurse.
Ci conosciamo da anni, mi chiama Sergio, ma spesso anche coach, l’appellativo che si dà ai capi allenatori. È un messaggio anche per colleghi e giocatori. Gli sono grato, mi ha dato una grande opportunità.
TEAMWORK
La vera chiave di volta tattica del tandem Nurse-Scariolo è stata senz’altro il teamwork, con la consapevolezza di non avere a disposizione un solo campione (Kawhi Leonard ha si vinto il titolo di MVP) ma un gruppo di stelle destinate a brillare. Ma a parte alcune parentesi il suo talento unico ha condotto alla vittoria, rendendolo di fatto il giocatore più in forma del momento.
Dalla leadership di Kyle Lowry (per lui una media di 14.2 punti, 4.8 rimbalzi e 8.7 assist) all’esplosiva voglia di crescere e stupire il mondo di Pascal Siakam; giocatore che su tutti ha avuto la crescita più esponenziale nel corso della stagione. Quindi per le ottime prestazioni di Marc Gasol, Serge Ibaka (la loro fisicità sul fattore rimbalzo ha fatto la differenza) Danny Green e Norman Powell. E non ultimo il cuore messo in campo da Fred VanVleet, eroico in marcatura nelle Finals su sua maestà Steph Curry.
Teamwork nel segno di un titolo di un organico che ha fatto del gioco di squadra e dell’interscambio di momenti positivi la propria forza. Quando qualcuno esitava subito l’azione corale metteva una pezza su lacune che avrebbero potuto compromettere il titolo. È questa la forza principale infusa dal duo italostatunitense a giocatori che hanno trovato nei Toronto Raptors la dimensione ideale nella quale poter risplendere.
DALLA TERRA AL CIELO
Il titolo NBA di Sergio Scariolo è il culmine di una carriera straordinaria e di un percorso costellato di vittorie nel vecchio continente. Trionfi che hanno portato il suo curriculum a essere preso sotto esame dai piani alti di Toronto. Una scelta, quella della scorsa estate di Masai Ujiri, rivelatasi azzeccata.
Dalla terra al cielo, così potrebbe essere sinteticamente riassunta la parabola. Una sublimazione di una carriera iniziata con lo scudetto di Pesaro, da enfant prodige, nel 1990. L’inizio di un qualcosa di grande, di una costellazione di vittorie in Italia e in giro per l’Europa. Dai trionfi in Spagna con Real Madrid e Malaga che gli valsero il titolo di Don Sergio ai tre titoli con la Nazionale Spagnola nel 2009, 2011 e 2015.
Il cielo dell’NBA, l’Olimpo sportivo cui tutti aspirano è diventata la sua nuova dimensione ideale. L’ennesima, vista la lunga lista di successi internazionali. Una favola iniziata la scorsa post season, quando raggiunse il connazionale Ettore Messina, proprio vice di Popovich agli Spurs oggi tornato a casa base come allenatore e presidente di un’Olimpia Milano che vuole tornare grande. Ed oggi giunta qui, nel segno del successo. In un anno di NBA ha già conquistato il premio più importante; si può dire che non abbia perso tempo insomma, col tricolore che, grazie a lui, colora questo successo straordinario dei Raptors.