PREDICARE BENE E RAZZOLARE MEGLIO
Quando si pensa al concetto di leadership legata al mondo dello sport, troppe volte ci si concentra su ciò che si compie sul terreno di gioco. Ancor di più si tende a confondere l’immagine del leader carismatico con quella di una personalità accentuata e marcata, che spicca sopra le altre. Zlatan Ibrahimovic e Federica Pellegrini. Niki Lauda e Michael Phelps. Schumi e Tom Brady. Di esempi se ne potrebbero fare a migliaia. Ma pochissimi sono coloro in grado di travalicare i confini della propria disciplina per veicolare messaggi per la vita di tutti.
Le prese di posizione di Muhammad Ali e Megan Rapinoe. La determinazione e la resilienza di Roger Federer. La forza delicatissima di Nadia Comaneci. L’etica del lavoro di Kobe Bryant. Porre Stephen Curry al livello di queste donne e uomini di questo calibro potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Come può essere uno come lui, “Baby-Faced Assassin”, un modello per le future generazioni? Scontrarsi ripetutamente con lo status quo, non solo sportivo, della sua epoca non è da tutti. Dietro alla mancata visita alla Casa Bianca del 2017 da detentori del titolo vi è la sicura mano di Curry, desiderosa di non mostrare di giungere a compromessi con una presidenza che ha più volte manifestato visioni discutibili riguardo alla “razza” che costituisce il 75% degli atleti NBA. In pieno lockdown, le dirette social del numero 30 non erano occupate da chiacchierate con amici e colleghi o ore trascorse davanti a Fortnite o Call of Duty (ogni riferimento ad Andrea Agnelli e ai competitor dell’immaginifica SuperLeague è puramente voluto). Stephen, come ognuno di noi, ha vissuto un periodo pieno di dubbi e incertezze ma, sfruttando la propria popolarità, ha cercato di chiarirne il più possibile invitando scienziati ed esperti per fare chiarezza sugli aspetti più controversi della tragedia sanitaria in corso.
Curry è la Rivoluzione. Stephen è il buon pastore. Kalòs kai agathòs. Conosce e protegge il suo gregge perché lui è il gregge, ne fa parte. Ne ha conosciuto le paure e le debolezze, e solo grazie a questo ora sa indicare il giusto pascolo da brucare. La sua azione non è soltanto buona ma è altrettanto bella, un’opera d’arte. Offre i suoi doni in modo sincero, senza distinzioni, senza pretendere nulla in cambio ma ricevendo molto di più di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Non costringe nessuno a seguire la sua laica dottrina. Ma tutti, inevitabilmente, si accodano a lui.
Se ogni compagno di squadra è disposto a compiere maggior lavoro sporco del solito è perché lui in primis lo riconosce vocalmente loro, con un consiglio e un’indicazione al momento opportuno. Se le magie della difesa si stringono per aiutarlo a contenere l’avanzata della guardia avversaria è perché lui in primis si spende a portare blocchi a gente cui dona una ventina di centimetri e una trentina di chili. Se anche uno dei realizzatori dall’animo più, cestisticamente parlando, egoista della storia ha saputo convivere con Steph è perché lui in primis ha saputo trasformarsi da scorer in creatore di gioco, nell’accezione migliore del termine playmaker.
La versione 2020-2021 non verrà forse ricordata negli annali come quella del miglior Wardell Stephen Curry di sempre. Forse la più eroica dai tempi del college, dati roster e infortuni che hanno sinora limitato le risorse dei Warriors, ma magari non la più efficace. Forse quella in cui la sua stella è portata a brillare come Sirio ma magari non quella capace di costituire una costellazione magica come quella degli anni passati. Importa meno di zero. Raggiungere la postseason tramite la porta di servizio del Play-in Tournament sarebbe un ulteriore statement nella carriera di Steph, paragonabile per alcuni alle imprese che hanno portato nuovamente il titolo a San Francisco dai tempi di Rick Barry e dello sweep contro i Bullets capitolini. Steph vale di più. Ogni singolo canestro di ogni singola notte vale di più. Gli occhi, i sogni, le speranze di chi lo contempla valgono di più. L’Eden, il Paradiso Terrestre. La gloria è dentro ognuno di noi. Nel cuore di ciascuno. Amen.