La Dolomiti Energia Trento è la regina del weekend della Coppa Italia, la prima nella storia per la squadra del presidente Luigi Longhi, che dopo essere più volte andata vicina nelle finali scudetto nel biennio 2017 e 2018 portano a casa il primo trofeo nella massima categoria.
Una vittoria di squadra
Le tre partite dei bianconeri hanno ribadito ancora una volta la forza del gruppo di Trento, unito e capace di coinvolgere tutti i giocatori scesi in campo. Dopo due sfide estremamente combattute contro Reggio Emilia nel primo turno e Trieste in semifinale, in cui la squadra ha dovuto stringere i denti fino all’ultimo per conquistare la vittoria, la finale contro l’Olimpia è stata un dominio sotto ogni aspetto.
Quinn Ellis, meritatamente premiato come MVP, è stato il grande protagonista del torneo, chiudendo con 12,3 punti e 8 assist di media. Tuttavia, sarebbe ingiusto non sottolineare le straordinarie prestazioni di Niang e Cale, determinanti nei successi di giovedì e sabato, o quella di Jordan Ford, assoluto trascinatore nella finale contro Milano, nonostante le prime due gare fossero state sottotono.
Vi sono poi Lamb, Pecchia, Mawugbe, Zukauskas, Forray: tutti hanno dato un contributo essenziale, rendendo possibile la conquista della Coppa e confermando il valore di una squadra che sta brillando anche in campionato.
Una vittoria del sistema
A dirla tutta, la squadra di Galbiati non ha nemmeno espresso la sua miglior pallacanestro durante il weekend, ma la solidità e l’efficienza di un sistema ben rodato e ormai perfettamente assimilato dai giocatori sono state le chiavi che hanno permesso alla Dolomiti Energia di alzare la Coppa.
L’analogia spesso fatta con il Paris Basketball è più che mai attuale: l’impronta del coach di Vimercate, seppur con caratteristiche diverse, richiama quella di Iisalo prima e di Splitter ora. Cambiano gli avversari, ma il gioco di Trento rimane lo stesso: un basket positionless, in cui, a eccezione dei lunghi Mawugbe e Bayehe, tutti possono iniziare l’azione offensiva, spingendo la transizione per alzare il ritmo. Un sistema che, con continuità, libera un tiratore sul perimetro oppure mette in condizione un giocatore di battere il close-out avversario.
Un successo, dunque, non solo per coach Galbiati, al suo secondo trionfo in Coppa Italia dopo quello del 2018 con Torino, ma per tutto il suo staff: dagli assistenti Bongi e Dusmet, al GM Nardelli e al Direttore Sportivo Rudy Gaddo, capaci di costruire, insieme all’allenatore, una squadra con una caratteristica fondamentale, come ha sottolineato lo stesso Galbiati: la fame di vittoria.
Una vittoria da capitano
La storia di Toto Forray con la maglia di Trento meriterebbe un libro, non un semplice paragrafo. Arrivato nel lontano 2011, l’argentino è stato protagonista di tutte le promozioni della squadra, dalla B1 fino alla Serie A nel 2014. Ha vissuto in prima persona le sconfitte contro Venezia e Milano, così come le stagioni più anonime dei bianconeri, rimanendo sempre un punto di riferimento.
Durante le conferenze stampa di inizio stagione, ai nuovi giocatori è stato spesso chiesto cosa li avesse colpiti di più nelle prime settimane a Trento. La risposta più frequente? L’incredibile etica del lavoro di Forray. Anche a 38 anni, il capitano continua a lasciare il segno in Serie A, capace di cambiare l’inerzia di una partita con la sua energia e la sua leadership. Non a caso, durante il weekend, più di un compagno ha dichiarato di giocare soprattutto per lui. Le lacrime di gioia sul suo volto sono l’emblema di 14 anni di dedizione assoluta alla maglia bianconera.