GamePlan Virtus Bologna-Olimpia Milano G3: Un Toko di classe

344

Due partite al Forum in cui Milano è stata più forte e Bologna è stata più bella. Due partite in cui i dettagli e l’aleatorietà della pallacanestro sono state tratte a sé dai singoli dell’Olimpia, sul parquet e dal pino a bordo campo. Hall in gara1 e Shields in gara2 hanno messo canestri decisivi nei momenti topici, nonostante i flash di uno Shengelia in fase calante ma la cui luce intermittente, come la lampadina di un corridoio di un film horror, spaventa e intimorisce la difesa di Messina quando meno se l’aspetta. Da quando le LBA Finals sono al meglio delle 7, il record per le squadre sotto 0-2 è 1-14 (Sassari 2015 unica rimonta completata): Gara3 alla Segafredo Arena si trasforma nell’ultima spiaggia virtussina, perché andare sotto 0-3 sarebbe fatale e recuperare parzialmente lo svantaggio nella serie trasformerebbe automaticamente gara4 in un Instant Classic, infuocando ulteriormente gli animi dei roster di Scariolo e Messina. Virtus Bologna-Olimpia Milano è oggetto, ovviamente, del nostro GamePlan.

Caos collettivo

Il terzo atto dello spettacolo è la sagra del disordine e della confusione: quante volte ci è capitato di vedere dribble hand off di Hines mancare il bersaglio dei palmi delle mani di Napier a pochi centimetri di distanza e finire oltre la linea laterale? Quante altre volte abbiamo visto entry pass per le ricezioni spalle a canestro, da entrambi i lati, con parabole così sbagliate senza essere forzati da un’enorme pressione difensiva? Quante volte ci è capitato di vedere Shields perdersi un movimento senza palla del proprio marcatore in un gioco a metà campo e concedere un taglio backdoor dalla facilità irrisoria? Quante altre occasioni ricordiamo in cui Hall si dimentica totalmente una rotazione difensiva lasciando Hackett liberissimo di punire dal perimetro e realizzare la tripla del +10 a fine 3° quarto, probabile pietra tombale dell’incontro? Le 27 palle perse totali sono persino poche in relazione alla qualità della circolazione proposta da Virtus e Olimpia: la tensione gioca brutti scherzi, anche a squadre di EuroLeague allenate a livello di EuroLeague.

Assalto a rimbalzo

Odiamo semplificare e banalizzare uno sport che semplice e banale non è, ma talvolta abbiamo la soluzione sotto gli occhi e ne cerchiamo un’altra nascosta chissà dove. Se si sommano 1° e 4° quarto il parziale è 32-36 in favore di Milano; se si sommano i quarti centrali il parziale è 37-25 in favore della Virtus. Più che di percentuali, di dieta di tiro o particolari aggiustamenti, è uno e uno solo il fattore determinante: nei quarti vincenti di Milano la squadra di Messina ha raccolto 14 rimbalzi offensivi, in quelli perdenti soltanto 2. A cavallo dell’intervallo lungo è stato lampante come il lavoro di tutti gli uomini di Scariolo, esterni compresi, nel tagliare fuori i rimbalzisti milanesi, sia stato enormemente più efficace: nessuna più carambola raccolta da Hines in testa a Jaiteh o da Melli in testa a Mickey, ma un lavoro incessante dei vari Shengelia, Pajola e Hackett nel sacrificare il proprio corpo e qualsiasi ambizione di transizione rapida per mantenere il possesso del pallone. Il tutto, chiaramente, facilitato dall’aggiustamento di Scariolo, che ordina di fronteggiare le ricezioni in post sui cambi difensivi in favore di una difesa di maggior contenimento, soprattutto sulle uscite di Shields.

Tutte le strade portano al ferro (dell’Olimpia)

6/27 da 3, 22,2%. Fare 69 punti contro la difesa dell’Olimpia con queste percentuali da fuori rende l’idea della tenuta psicologica della squadra di Scariolo. La scelta di Messina è chiara: concedere qualsiasi ricezione interna, soprattutto con Jaiteh in campo, e scommettere sul decision making dei lunghi virtussini, anche a costo di subirne 2 relativamente facili o di spendere un fallo prima del tiro, piuttosto che diminuire l’intensità della pressione sul perimetro. Bologna, tuttavia, mantiene la lucidità per continuare ad attaccare fronte a canestro i mismatch a favore, cosa vista raramente fin qui nella serie: più tagli dalla punta degli uomini marcati da Napier piuttosto che isolamenti in post per sfruttare il vantaggio di taglia nei confronti del prodotto di UConn.

Operazione Napier

Che Shabazz Napier sia fulcro e motore dell’attacco milanese non serviva certo l’exploit di gara1 a dimostrarlo. Solo in gara3, forse, si è però visto il grandissimo lavoro di Scariolo e del suo staff per rendergli la vita il più difficile possibile. Ammesso e non concesso che i drives al ferro con Jaiteh in drop coverage rimangono una situazione non difendibile, non per chissà quali abilità del play americano ma per l’inspiegabile incapacità di Jaiteh di assorbire il contatto con un atleta 28 cm più basso e 33 kg più leggero, con Hackett qualsiasi linea di penetrazione al ferro è occlusa, costringendo il 13 a zingarate estemporanee per non dover tener vivo il palleggio solo allontanandosi dal pitturato; Pajola è uomo in missione per toglierlo dal pallone sin dall’entrata nei giochi, un trattamento simile a quello riservato dalla difesa di Miami in alcuni frangenti a Jamal Murray; in difesa è il consueto target dell’attacco emiliano, bersagliato più sui movimenti off ball che con jumper dal mezzo angolo. Quanto sia stato lui complice e quanto sia stata la difesa colpevole della serata abulica, ai limiti del dannoso (3/10 al tiro con 5 perse), sarà la pivotal gara4 a dircelo.

Diamo i fiori a Toko

Potrebbe essere l’efficientissima serata al tiro da fuori di Hackett o quella dal midrange di Teodosic, Mickey e Pajola (10/13 per il trio, difficilmente replicabile nella serie). Ma, viste anche le polveri bagnatissime dall’arco di Ojeleye e il disordine atletico di Cordinier, lasciate che almeno la palma dell’MVP romantico la prenda Toko Shengelia. Solo 4 punti e 0/3 dall’arco? Numeri per chi non ha visto la gara. Chi l’ha fatto ha assistito d’altro canto a una masterclass di Toko versione facilitatore: dopo lo sfondamento su Melli a 6′ dalla fine del 1°Q il georgiano non sbaglia più una scelta. Contesta al ferro quando si stacca coi tempi giusti dal non tiratore che sta marcando, taglia fuori qualsiasi corpo che cerchi di recuperare la sfera dopo il tocco del ferro, è puntuale nelle rotazioni difensive da lato debole quando la difesa della Virtus overloads the strong side (collassa con anche l’uomo da lato debole sul pick&roll centrale, sfidando l’attacco avversario a realizzare dall’arco dopo uno scarico o un ribaltamento). Aiuto e recupero, dunque, con il numero di hedge (scivolamenti del difensore del bloccante per rallentare scarico dell’handler) sul pick&roll drasticamente calato. Ma, soprattutto, sfrutta la fisicità fronte e spalle a canestro non tanto per concludere in prima persona ma per mettere in ritmo i compagni sul perimetro o pescati nel dunker spot. 4 punti, 9 rimbalzi, 6 assist, 1 recupero. Il Draymond Green, per una notte, della Virtus Bologna.

Aggiustamenti ed efficienza Virtus

Gli aggiustamenti durante la partita sono quelli più difficili da attuare e quelli, nel turbinio dei possessi, più difficili da riconoscere. Due, tuttavia, sono stati cristallini: al rientro dagli spogliatoi Milano ha ricominciato a non inseguire più sui blocchi della Virtus, cosa che aveva smesso di fare dopo i 2 falli fischiati a Shields sui pin down per Belinelli e Teodosic nel 1°Q, riuscendo a cicatrizzare parzialmente le conclusioni da lontano in ricezione dinamica anticipando di 90° l’uscita del tiratore. Dall’altra parte Bologna, favorita dalla serata al tiro non certo positiva dell’Olimpia, opta per passare in terza (non sopra il blocco né chiamare il cambio ma tra il bloccante e il canestro, grazie all’arretramento del difensore del bloccante) su tutti gli screen portati tra la guardia e la punta. Da notare anche il rapporto tiri da 2/tiri liberi nelle 3 gare della Virtus: 25/34 in gara1, 32-24 in gara2, 30/14 in gara3. 21, 24 e 27 invece i tiri da 3, con percentuali in progressivo calo: viva la True Shooting.

 

 

 

 

Pubblicità

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui