L’Olimpia Milano è andata incontro a una pesante ricostruzione nella scorsa estate, cambiando profondamente il roster a propria disposizione. Tra i nuovi pezzi del puzzle che si stanno rivelando di chiave importanza c’è in realtà una vecchia conoscenza dell’EA7, ovvero Zach LeDay. L’americano è al momento un giocatore fondamentale all’interno delle dinamiche dei biancorossi e sta performando al livello dei migliori giocatori di Eurolega. Del suo ritorno a Milano e delle sue performance ha parlato lo stesso LeDay, ospite di Triple Threat Show su Amerikanos24. Ecco le sue dichiarazioni, riportate da Pianetabasket, in cui il lungo ha parlato anche del suo rapporto con Ettore Messina.
LeDay ha iniziato il proprio discorso dando una spiegazione al tanto famigerato zainetto, oggetto diventato rituale prepartita che l’americano porta con sé in campo prima di ogni gara.
“Ero in Israele il mio primo anno e ero in una piccola città di 5000 persone. Quindi andavo a piedi al campo ogni giorno, ed ero solito a dimenticare cose. Quando sei in club con budget piccoli non hai tutte le comodità e le risorse. Ma dovevo portarmi tutto da casa. Se avevo bisogno per esempio di altri calzini ecc. E mi dimenticavo sempre qualcosa. Così ebbi l’idea di usare lo zainetto e mettere tutto lì dentro. E ovviamente da lì ho portato sempre il mio livello più in alto e ho iniziato a portarlo con me in campo, sul bus, a cena e dopo. Ovviamente crescendo in carriera tutti hanno iniziato a notarlo e ormai è diventato un mio “marchio” o qualcosa del genere.”
LeDay ha parlato anche di cosa è cambiato rispetto alla sua prima stagione all’Olimpia. L’ex Zalgiris ha affermato come, al suo primo arrivo a Milano, lui fosse ancora un giovane giocatore in rampa di lancio e con la necessità di imparare dai giocatori leggendari già presenti all’Armani.
“Da allora le cose sono cambiate. Giocare per Messina la prima volta è stato diverso perché ero più giovane. Avevamo leggende nella squadra, ed era più: “sono qui per imparare dalle leggende e prendere cose da loro”. Dalle routine, piccole cose per la cura del corpo.”
L’americano, dopo l’esperienza maturata al Partizan insieme a Zeljko Obradovic, si sente ora un leader e lo sta dimostrando ogni volta che mette piede in campo.
“Guardando agli ultimi risultati di Milano volevo tornare per risollevare il livello. Una nuova sfida, sono quelle che cerchi arrivato a un certo punto della tua carriera per spingerti a fare sempre meglio ogni giorno. Riportare Milano dove era prima l’ho visto come una sfida, ora cerco di fare il meglio possibile. […] Ora è diverso, essere uno dei leaders, uno dei pilastri della squadra è diverso. Da leader devi andare avanti e indietro con l’allenatore, essere una via di mezzo, diffondere un buon messaggio alla squadra. Io credo molto nel dare l’esempio, nel crederci sempre, a volte il modo migliore per affrontare le difficoltà è andare duro e passare attraverso tutto senza pensare.”
LeDay ha anche brevemente commentato come ci si senta ad essere allenati da Ettore Messina.
“ Ettore ha il suo modo di pensare, è davvero speciale, diverso e unico. Ovviamente è una squadra differente rispetto al Partizan, che mi porta a un ruolo di leader differenze, sotto una diversa luce, e cerco di trasmettere un messaggio positivo anche perché siamo una squadra giovane.”
Infine, LeDay si è anche avventurato in una previsione molto coraggiosa per questa stagione, proiettando Milano alle Final Four. Un desiderio che con ogni probabilità non si realizzerà mai, ma che fa ben capire la mentalità con cui l’americano affronta le sfide che gli si pongono davanti.
“Penso che entrambe le greche ci andranno, Panathinaikos e Olympiacos. Sicuramente ci saranno. Si tratta solo di essere in salute al momento giusto. Poi dico Monaco e per la mia “fiducia illusoria”, ci metterò dentro noi, non mi importa. Troveremo un modo per arrivarci, sono fiducioso che troveremo il modo e continueremo a lavorarci andando avanti giorno dopo giorno e vedremo dove saremo arrivati alla fine. Anche perché è una stagione dove siamo tutti vicini, a una partita di distanza.”