Ultimo atto per l’Eurocup 2018 che celebra la finale, rispetto ai pronostici della vigilia, più prevedibile. Attesa e non scontata, ad essere precisi, quando si trovano di fronte due squadre del “tonnellaggio” specifico come Lokomotiv Kuban e Darussafaka Istanbul.
Prima di analizzare qualche aspetto tecnico della super sfida, gara 1 a Krasnodar martedì 10 Aprile, facciamo un salto all’indietro partendo dalla storia della competizione.
In origine fu ULEB Cup, una scelta obbligata nata dalla fusione dell’esperienza delle precedenti Coppa Coppe/Saporta e Coppa Korac. Una volta territorio di caccia delle squadre italiane, parliamo di 25 successi in 67 edizioni complessive e per capirci la Spagna (seconda) ci guardava dal basso di quota 12. Abbandoniamo però la nostalgia canaglia e che il vento stesse cambiando si avvertì proprio dai primi vagiti della nascente ULEB CUP nella stagione 2002/2003. Delle quattro italiane in gara la migliore è Varese (travolta poi nei quarti dall’Estudiantes), con il dominio iberico che porta tre semifinaliste su quattro. La Valencia di Tomasevic (MVP del torneo), Rodilla e Oberto intasca il trofeo nella gara di ritorno davanti ai 9.000 della Fonteta superando Il KRKA di Jamie Arnold.
IL LATO OSCURO DELLA FORMULA
ULEB Cup resta la “targa” dell’evento sino all’edizione 2008, ma cambiano però le modalità della formula, vero lato oscuro che “affligge” da sempre la seconda competizione europea. Dopo il primo anno, finale andata e ritorno, si passa alla gara secca con sede a Charleroi, sino ad arrivare alle Final Eight del PalaVela di Torino del 2008 con il trionfo di Badalona delle stelle Rudy e Mallet nel derby con Girona di un Marc Gasol (annullato nella sfida da Moiso) pronto di lì a poco a volare a Memphis. Rumba delle formule che non accenna a placarsi: si resta a Torino per le Final Eight 2009, in tempo per assistere al secondo successo del Lietuvos. L’anno successivo viene il momento delle Final Four (forse la combinazione vincente) che resistono però solo sino al 2012, vittoria casalinga del Khimki di Planinic su Valencia.
Torna di moda la finale unica, assegnata a Charleroi per due anni di fila, anche se solo la prima viene disputata nella cittadina belga. La vittoria va a Kuban su Bilbao grazie ad un super Hendrix che intasca anche il premio di MVP della finale. Il post partita dello statunitense è stato talmente incredulo e adrenalinico, anche perchè reduce da una prima parte di stagione non esattamente indimenticabile a Milano, dall’essere incapace per ore di espletare il controllo antidoping, per la gioia dei gestori dell’impianto costretti alla chiusura in orari non esattamente abituali.
La sfida tra russi e spagnoli in semifinale aveva messo in allarme board di Eurolega, ma la vittoria di Bilbao contro Kiev fece tirare un sospiro di sollievo agli organizzatori. Solo la presenza in finale dei 2000 entusiasti tifosi baschi ha evitato una gara con un potenziale silenzio dal sapore bibliotecario.
EUROLEAGUE SPIN-OFF
Da qui l’esigenza di abbinare qualità della competizione, cornice di pubblico e ambizione. Si opta per il ritorno della soluzione andata e ritorno con l’estensione alla bella, possibile dal 2017. Scelta che sembra funzionare con l’emblematico lo scenario di gara 1 della finale 2015: puro spettacolo di pubblico i 10.000 della Gran Canaria Arena, autentico solluchero il talento e la classe del Khimki di Kurtinaitis dal roster illegale (Rice e Koponen tra gli altri).
Esibizione che rafforza le strategie di Eurolega, elevando lo status della vincitrice della competizione garantendole un posto in Turkish Airlines Euroleague. La recente battaglia con FIBA e la nascita della concorrente BCL, però, limano la qualità del tabellone nei quadri intermedi. Quando però si arriva alle fasi conclusive l’Eurocup resta ampiamente la seconda manifestazione continentale. Darussafaka e Lokomotiv sono due squadre generosamente “prestate da quelli del piano di sopra”. Il tutto fa ancora più onore alla coraggiosa GrissinBon Reggio Emilia, riuscita ad arrivare sino al penultimo ostacolo, in una lotta impari con Kuban.
MODESTAMENTE OBRADOVIC CONTRO IL CAMALEONTE BLATT
A guidare i finalisti russi c’è Sasa Obradovic. Il destino infausto di un cognome, ovvero quando sei un super professionista ma esiste un tuo connazionale che miete successi nel tuo stesso campo con una clamorosa insistenza. Ma l’ex guardia della Virtus Roma ha costruito con certosina pazienza la propria carriera da head coach. Da Colonia, con cui chiuse da giocatore, alle esperienze nell’est europeo, sino all’Alba Berlino, sua vera prima creatura con cui ha conquistato tre coppe nazionali, ma soprattutto evidenziato le sue qualità di stratega. A Krasnodar ha plasmato, in due stagioni, una macchina da vittorie (20-0 and counting nella campagna 2017/2018), giocando un basket solido e concreto lasciando spesso briciole agli avversari: 46% da due, il 29% scarso da 3 e controllando il proprio tabellone (secondi nella specialità difensiva). Tutto questo avviene distribuendo responsabilità e leadership, perchè ci sono la bellezza di nove giocatori che producono da 6 a 12 punti a partita con il 55% abbondante da due ed il 37% da tre. Non esattamente imprevedibile la nomina di Obradovic a coach dell’anno di 7DAYSEurocup 2018.
Sulla sponda opposta aspetta un nocchiero navigato e potenzialmente letale come David Blatt. Inutile e pleonastico ripercorrere la carriera vincente del coach americano ed eroe nazionale in Israele. Blatt ha la sinistra capacità di batterti facendoti specchiare nelle tue migliori qualità. Aspetto camaleontico facilmente dimostrabile ripensando alla clamorosa cavalcata del Maccabi 2014 in Eurolega, che riservò lo stesso trattamento prima alla migliore Milano europea degli ultimi 30 anni, poi alle infinitamente talentuose CSKA e Real, battute sul loro stesso terreno dalle maglie gialle israeliane.
EQUILIBRIO SOPRA LA FOLLIA?
Per quanto organizzazione maniacale e cura del particolare facciano parte della cultura di entrambe le squadre, sarà una sfida più probabilmente tra la capacità di marginalizzare gli errori dei russi contro la lucida follia di Wilbekin e compagni. Lokomotiv ha tante frecce potenziali al proprio arco: dall’estro di un mestierante come Mardy Collins, alle fiammate degli ex “italiani” Ragland e Lacey a cui si aggiunge la solidità dell’ex milanese Frank Elegar. Il tutto in un sistema che può permettersi le “lune” di un talento incostante, ma di rara creatività in regia come Khvostov e che ha solide silenziose ancora di salvezza come Qvale e Babb, sempre pronti a dare una mano in area colorata e dintorni.
Dall’altra parte c’è il Darussafaka che ha, sulla carta, una meno estesa gamma di possibili protagonisti, tutti però potenzialmente letali. Anche qui tante storie “italiane”: dalla crescita esponenziale del Michael Eric visto a Brindisi, all’ormai certezza perenne JaJuan Johnson (protagonista a Pistoia e Cantù), sino ad arrivare al talento imprevedibile dell’ex Casalpusterlengo Sant-Roos, sulla cui affascinante storia servirebbe un apposito approfondimento. Il vero fattore X della serie sarà Scottie Wilbekin, il prodotto da Florida ha letteralmente dominato il proscenio nelle semifinali contro il Bayern lanciando la furiosa rimonta in gara 1 (chiusa dalla tripla di uno spesso sottovalutato Stanton Kidd) e gelando i bavaresi con un mostruoso ritorno da 41 punti con 10/15 da tre. All’MVP della competizione il compito di far sentire ai russi il peso della “scimmia” di una stagione controllata con i fantasmi del 2015 (19-1 senza vincere il trofeo), e provando a ribaltare i ruoli nell’assioma “equilibrio sopra la follia”.